Sale il numero di suicidi tra detenuti. E a giocare un ruolo importante è soprattutto la salute mentale, spesso messa a rischio a causa di una scarsa assistenza psichiatrica. A dirlo sono i dati resi noti su La Stampa, da cui emerge che solo lo 0,38% di chi è rinchiuso in carcere riceve il giusto sostegno psicologico.
Se già il sovraffollamento (pari al 112%, che in certi penitenziari supera il 150, con picchi del 190% e oltre a Latina e al San Vittore di Milano) rappresenta una piaga delle carceri italiane, mettere a dura prova anche la salute mentale collima con quel principio di umanità che dovrebbe presiedere in ogni contesto, anche in quello penitenziario. Ad oggi si contano 26 suicidi, che di questo passo, entro la fine del 2024, potrebbero superare il record degli 84 del 2022. A lanciare l’allarme era già stato i giorni scorsi il Presidente della repubblica, Sergio Mattarella, su questa situazione. Del resto disturbi mentali gravi come bipolarismo e schizofrenia spesso vengono sviluppati già prima di entrare in carcere, ma il più delle volte nascono proprio dietro le sbarre. E se già il contesto, per ovvie ragioni, limita la socializzazione, queste problematiche finiscono con l’esasperarsi se nemmeno viene garantita la giusta assistenza psichiatrica.
DATI PREOCCUPANTI SULLA SALUTE MENTALE DEI DETENUTI
Secondo l’ultimo “Rapporto Antigone” il 9,2% degli attuali 65mila detenuti in carcere soffre di disturbi psichici molto gravi, il 12,4% delle donne che vivono dietro le sbarre. Ma il problema è molto più esteso, tanto che il 20% assume stabilizzanti dell’umore, antipsicotici e antidepressivi, mentre il 40,3% fa uso di sedativi e ipnotici. “Abbiamo detenuti con patologie pregresse che le condizioni carcerarie peggiorano e che se non monitorati possono essere a rischio suicidario”. Queste le parole del professor Massimo Clerici della Società Italiana Psichiatria e psichiatra presso la casa circondariale di Monza, che ha aggiunto: “Poi ci sono i soggetti più gravi, spesso autori di omicidi o anche efferati pluriomicidi, psicopatici o serial killer. Si tratta di persone pericolose, che in Italia sono spesso collocate in isolamento e che non accedono a percorsi di cura continuativi e a terapie cognitivo-comportamentale, che potrebbero aumentare le capacità di autocontrollo”.
A ciò si aggiunge l’insufficienza dei posti nelle residenze psichiatriche esterne al carcere con liste d’attesa chilometriche a complicare la situazione. E così la salute mentale dei detenuti si fa sempre più latente, mettendo a rischio non solo l’incolumità individuale dei singoli detenuti, ma anche quella pubblica nel momento in cui riacquistano la libertà ma a livello psichico non hanno avuto la dovuta assistenza.