Il terrorismo islamico rialza la testa. O almeno potrebbe farlo prendendo l’abbrivio dall’attacco di Hamas a Israele. Un segnale lo si è già avuto con l’uccisione di un insegnante in Francia, ad Arras, e con altri episodi che si sono verificati nelle ore in cui la stessa Hamas chiamava a raccolta i sostenitori della sua causa per dimostrare all’Occidente e ai governi mediorientali quanto sia sentita, nell’opinione pubblica di Paesi arabi e islamici, la questione palestinese.
Le stime delle intelligence parlano di 1.400 potenziali terroristi in Germania, altri 4mila in Francia e 3mila in Gran Bretagna che sarebbero pronti a combattere o a intraprendere azioni violente. Al di là dei numeri, però, resta il pericolo concreto che il terrorismo di matrice islamica torni a farsi sentire in Europa. Proprio qui, infatti, spiega Stefano Piazza, giornalista, scrittore, esperto di sicurezza e terrorismo, il problema è stato sottovalutato per troppo tempo. E ora potrebbe tornare a imporsi.
Quanto è grande in questo momento il rischio di attentati in Occidente e in Europa in particolare?
C’è un pericolo elevatissimo, perché non ci dobbiamo mai dimenticare che i gruppi estremistici musulmani sono presenti in Europa da decenni. Basti pensare che dal Vecchio continente sono partiti più di 6mila foreign fighters, che sono andati in tutto il mondo a combattere sotto le bandiere dello Stato islamico, di Al Qaeda e altri gruppi radicali. Nel 2022 sono stati sventati decine di attentati, in Germania anche con armi chimiche e batteriologiche, in Gran Bretagna con droni.
Gli episodi segnalati in Francia, quindi, sono destinati a ripetersi?
Le milizie islamiste sono molto presenti in Europa e sono pronte ad attivarsi. L’attentato ad Arras e quello sventato a Parigi sono il segnale del rischio che corriamo. I jihadisti continuano a decapitare persone in giro per il mondo, solo che i media non ci cascano più e non diffondono i video di quello che fanno, ma chi segue i loro social, le loro “stanze segrete”, sa benissimo quello che accade. L’operazione militare sciita contro Israele, costruita dall’Iran con finanziamenti iraniani e qatarini ed eseguita da Hamas, stuzzica tutte queste organizzazioni.
Come mai ci ritroviamo ancora di fronte il pericolo del terrorismo islamico?
Le colpe sono tutte nostre, dell’Europa: nonostante gli attacchi subiti non abbiamo cambiato la nostra postura, non abbiamo impedito la proliferazione di questi gruppi.
Quali sono oggi le formazioni ancora attive in Europa con strutture e capacità operative tali da poter programmare attentati?
Hamas ha migliaia di aderenti in tutto il mondo, molti dei quali sono in Europa e hanno la capacità di agire, possono organizzare attentati. Al Qaeda è ancora molto presente in Francia e in Germania, mentre ci sono molte cellule dello Stato islamico: a questo proposito non ci dimentichiamo i foreign fighters che sono tornati dagli scenari di guerra. Ma dobbiamo considerare anche l’estremismo turco e gli agenti dei servizi segreti iraniani.
Ma questi gruppi si sono esposti? Hanno approvato l’attacco di Hamas?
Né lo Stato islamico, né Al Qaeda finora hanno cavalcato l’operazione di Hamas. In nessuna delle piattaforme che fanno riferimento a queste organizzazioni c’è un apprezzamento per quello che è successo in Palestina. È un’operazione sciita, mentre Hamas vede l’Isis come un nemico pericolosissimo, perché ha cercato di entrare nella striscia di Gaza che Hamas domina. Tutte le organizzazioni sunnite, poi, sono il braccio armato della Fratellanza musulmana che spinge i musulmani a non integrarsi. Spiegano sempre che prima si è musulmani e poi cittadini dello Stato in cui si abita: un’operazione culturale che hanno iniziato trent’anni fa in Europa.
Hamas ha messo in conto che un’azione come quella del 7 ottobre avrebbe potuto ridare slancio anche ai gruppi terroristici contro l’Occidente?
Tutto quello che sta succedendo non porterà ad altro che alla fine di Hamas. Come Al Qaeda dopo l’11 settembre. Con questa operazione ha prenotato la sua distruzione. Quando cominci azioni di questo genere conosci l’inizio ma non la fine. Magari non si aspettavano una reazione di questo genere da parte di Israele, cioè che sarebbero entrati con i carri armati nella Striscia di Gaza polverizzandola. Per Hamas, comunque, lì non ci sarà più la possibilità di agire come prima. Evidentemente ora sperano solo che il conflitto si allarghi e che si scateni il fondamentalismo e il terrorismo in tutto il mondo. Che poi è uno dei tanti obiettivi della Fratellanza musulmana: spingere i musulmani a non integrarsi e a colpire. La sensazione, però, è che Hamas abbia calcolato male una serie di variabili, che porteranno alla fine dell’organizzazione. Certo, se la guerra si allargasse al Libano o l’Iran dovesse intervenire militarmente, allora la situazione diventerebbe molto grave. Le previsioni, comunque, restano molto difficili.
Ma Hamas come è organizzata? È presente solo a Gaza o anche altrove? E come agisce?
Fondamentalmente è nella striscia di Gaza, opera e governa lì. Domina anche politicamente. Dal 2006, anno in cui ci sono state le elezioni, governa la Striscia. È una delle più ricche organizzazioni terroristiche al mondo: riceve centinaia di milioni di dollari dal Qatar, dall’Iran, da oscure Ong. Tiene la gente nella povertà più assoluta mentre i capi fanno vita da nababbi in Qatar, in hotel cinque stelle, spendendo 100mila dollari al mese. Conta finanziamenti in tutto il mondo: in questa operazione molti soldi sono arrivati attraverso bitcoin transitati dalla Malesia, Paese importantissimo anche in occasione dell’attacco dell’11 settembre. Hamas punta tutto su Gaza, ma con i suoi militanti è in tutto il mondo, dove raccolgono soldi. Sono presenti anche in Italia.
(Paolo Rossetti)
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