Fausto Biloslavo, corrispondente di guerra de Il Giornale e di altre testate, da decenni è in prima linea dovunque ci sia da raccontare situazioni estreme, come oggi l’Afghanistan, paese in cui si è recato anche dopo la presa del potere da parte dei talebani. Grazie al suo impegno è stato possibile, proprio in questi giorni, portare in Italia Zhara Gol Popal, rappresentante di genere dell’esercito afghano a Herat, lasciata a Kabul come tanti collaboratori e collaboratrici del nostro paese nei giorni terribili dell’evacuazione. “Il nostro governo si è completamente dimenticato di loro” scrive Biloslavo su Il Giornale, “ma grazie alla Fondazione cattolica L’Ancora di Verona siamo riusciti a portare lei e il marito in Italia”. “Ci stiamo completamente dimenticando di queste donne che hanno il coraggio di scendere ancora in piazza a Kabul” ci ha detto in questa intervista “forse perché pensiamo di più alle donne del #metoo”.



Intanto il sottosegretario alla Difesa americano, Colin Kahl, lancia l’allarme terrorismo: l’Isis-K afghano nel giro di sei mesi potrebbe colpire in Occidente, anche negli Stati Uniti. “Non stupisce questo allarme” spiega Biloslavo, perché “l’Afghanistan sta diventando il santuario che attira tutti gli sconfitti della guerra santa dell’ex califfato, compresi ceceni e uiguri cinesi. E il loro obbiettivo rimane sempre colpire l’Occidente”.



Allarme terrorismo dal Pentagono. L’Isis-K, che sembra abbastanza impegnato a combattere con i talebani, ha le capacità di colpire anche l’Occidente? Chi li arma e li finanzia?

L’Isis-K è formato da ex talebani con qualche aggiunta di ceceni e altri stranieri, che quindi lo rendono pericoloso, ma stiamo parlando di 2-3mila uomini. Questa milizia potrebbe però essere rinvigorita, e lo ha detto per primo Putin, da nuovi arrivi dai fronti della guerra persa in Siria, in Iraq e forse anche in Libia. L’Afghanistan oggi è il faro, l’esempio illuminante della vittoria dell’Islam integralista e radicale.



L’Isis- K è però soprattutto nemico dei talebani, o no?

Sì, però significa poco, perché le alleanze e i nemici in Afghanistan cambiano velocemente. Hanno questa roccaforte nel sud-est del paese che non è controllata dai talebani. L’obbiettivo del califfato è sempre quello di colpire l’Occidente, per cui non mi stupisce questo allarme lanciato dal sottosegretario alla Difesa americano.

Ma ne hanno le capacità, le forze?

Che riescano a colpire davvero è da vedere, ma è indubbio che l’Afghanistan stia diventando una sorta di santuario di tutti i sopravvissuti, di tutti gli estremisti di mezzo mondo della guerra santa del califfato, che oggi vedono questo paese come un faro. D’altro canto, è l’unico caso al mondo di un paese caduto nelle mani di un emirato come quello dei talebani.

I talebani non sembrano avere la forza necessaria per poter controllare tutto il paese, è così?

Controllare l’Afghanistan è una mission impossible, anzi mi stupisce che ci siano pochi attacchi, anche se sanguinosi. Teniamo conto che i talebani hanno circa 100mila uomini, mentre l’esercito afghano era composto da 350mila soldati. Hanno quindi un terzo degli effettivi che erano disponibili prima della presa del potere. Certamente sono riusciti a garantire la sicurezza in gran parte del paese, perché l’insicurezza la provocavano loro.

Che scenario è prevedibile?

Avranno a che fare non solo con l’Isis-K, ma dovranno fronteggiare anche quei movimenti che sono stati sempre filo-talebani, che si trovano nelle ex Repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, e i movimenti di liberazione jihadista, che ancora prima del 2001 controllavano i territori a cavallo tra l’Afghanistan e il Pakistan. Bisogna vedere se la spunteranno o meno.

Insomma, sono circondati?

Il fatto che nell’ultimo attentato a una moschea il kamikaze fosse un cinese uiguro è un segnale forte. Hanno come controparte non solo la Russia, ma anche la Cina. E che l’Isis abbia usato un cinese la dice lunga sulla situazione.

L’Italia è nel mirino? Dopo la ritirata da Kabul e l’accoglienza di collaboratori afghani potremmo essere colpiti anche noi?

Penso che l’Italia sia l’ultimo dei loro pensieri. Temo che più che gli Stati Uniti siano interessati al ventre molle dell’Europa. Gli Usa si sono arroccati, anche in termini di sicurezza dopo l’11 settembre, noi italiani anche, seppure un po’ meno. Per i terroristi dell’Afghanistan potrebbe risultare più semplice infilarsi tra coloro che scappano lungo la rotta balcanica, come peraltro già accaduto ai tempi degli attentati di Parigi.

(Paolo Vites)

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