Solo un anno da ministro con delega al Turismo (e all’Agricoltura), dal 2018 al 2019, ma una vita passata nel settore, come direttore commerciale del Club Med e come assessore e vicesindaco della sua città, Pavia, con in tasca una laurea in Scienze politiche e la tessera del Carroccio. Gianmarco Centinaio, oggi in Senato, fin dall’inizio della crisi pandemica, aveva cominciato a sollecitare il suo successore, il ministro Franceschini, sui gravi problemi che l’industria turistica italiana si sarebbe trovata a combattere di lì a poco.
Senatore, ha trovato ascolto?
Ascolto? Franceschini non ha ascoltato nessuno, né me o comunque i rappresentanti delle opposizioni che hanno più volte cercato di offrire contributi, ma nemmeno le associazioni di categoria. Non so nemmeno se le abbia mai convocate, e comunque se anche lo avesse fatto sicuramente non ha minimamente tenuto in considerazione quanto sostenevano.
Secondo lei perché?
Perché del turismo, in realtà, evidentemente non gliene frega niente, nonostante sia stato proprio lui a volere quella delega. Si interessa di cultura, magari, ma a lui del settore che vale il 13% del Pil non importa. E non ne sa nulla. Sarebbe andata forse meglio se il Turismo fosse rimasto in ticket con l’Agricoltura: magari anche il ministro Bellanova non saprà molto di turismo, però è appassionata, e magari con un buon sottosegretario esperto…
Ma il decreto Rilancio? Lei come giudica le misure dedicate al turismo?
Guardi, so solo quello che leggo sui giornali, visto che Franceschini non l’ho mai visto né sentito, malgrado la richiesta di collaborazione avanzata dal Governo e la relativa messa a disposizione da parte nostra, io in primis. La responsabilità di quanto si sta per varare è quindi tutta e solo sua.
E di quello che è trapelato?
Posso giudicare solo con un termine, se me lo si vuol passare: una “boiata”. Ma non posso pensare davvero che si voglia fare quello che si è annunciato. Il famoso bonus fa piangere, e dimostra che il ministro non ci capisce niente. Si tratta di una pericolosa “annuncite” che conferma il giudizio di questo governo sul turismo: è sacrificabile. Rischia di finire malissimo un settore che dà lavoro a 4 milioni di cittadini, oltre al personale dell’indotto e a quello che lavora in bar e ristoranti. Le Regioni avevano chiesto lo stato di crisi per il comparto, ma Franceschini disse che se lo si fosse chiesto per il turismo lo si sarebbe dovuto applicare poi anche agli altri settori. Una risposta imbarazzante. È noto – ma a Franceschini forse no – che altre attività potranno prima o dopo ripartire, smaltendo stock e aumentando le produzioni, ma il turismo no: il perduto è perduto.
Come giudica il “bonus vacanze”?
Come sopra: un’incredibile boiata. Ma come si fa ad immaginare che 150 euro servano a motivare una persona, con un reddito tra l’altro inferiore ad una certa soglia, per concedersi una vacanza? Sfido chiunque a verificare in autunno quanti bonus vacanze saranno stati utilizzati. E come si può addossare agli operatori l’anticipo di quelle somme come sconto sul dovuto per il soggiorno in cambio di una futura detrazione d’imposta? Allucinante. Noi avevamo proposto un bonus vacanze a detrazione fiscale totale da 250 euro per i cittadini per il 2020 e 2021.
Come prevede andrà a finire?
Male. Tutte le associazioni indicano per il 2020 un calo del 75% sul fatturato. Quale azienda è in grado di sopportare un tonfo del genere? Purtroppo prevedo chiusure, cessazioni di attività, anche storiche, il dilapidamento di un patrimonio imprenditoriale importante, per di più facile attrazione per speculazioni straniere o infiltrazioni mafiose. Si stanno già muovendo in tanti, a cominciare da certi fondi olandesi che stanno facendo shopping di hotel. Ma un’Italia debole, anche dal punto di vista del turismo, è evidente che rischia di diventare preda. Dubito che il turismo italiano sopravvivrà così come lo conoscevamo, malgrado il presidente Conte abbia ripetuto più volte che non si vuole lasciare indietro nessuno. Al contrario, saranno in tanti a restare indietro: io sento già numerosi imprenditori turistici annunciare che nel 2021 non risponderanno più all’appello.
Non sarà che gli stessi operatori del turismo abbiano una scarsa capacità contrattuale, una cronica mancanza di coesione, di massa critica necessaria per ottenere trattamenti diversi da parte del Governo?
Fino a poco tempo fa, prima della pandemia, avrei risposto sì, è vero. Oggi però ho cambiato opinione, vedendo unite insieme le associazioni di categoria, per far fronte comune e difendere gli interessi collettivi. L’esempio è stato quel manifesto per il turismo italiano sottoscritto da tutti. È anche vero che è stata una sorpresa, visto che fino ad allora ognuno era sempre stato abituato ad andare avanti per proprio conto, in difesa magari di posizioni comuni ma ciascuno concentrato nel marcare le proprie caratteristiche.
Oggi il Turismo è curato “in delega” dal ministro alla Cultura. Lei stesso, nel governo Conte 1, aveva quella delega in aggiunta all’Agricoltura. Non pensa che il turismo, a maggior ragione in Italia, avrebbe bisogno di un ministero dedicato?
“Ovvio che sì. E però ci fu un referendum, nel 1993, che con il 76,88% dei voti ne decretò l’abrogazione (come avvenne peraltro anche per il ministero dell’Agricoltura, con il 76,89%, ndr), e poi c’è il Titolo V della Costituzione, che nella riforma del 2001 ha reso il turismo una materia di competenza esclusiva delle Regioni, quindi oggi anche un eventuale ministro al Turismo finirebbe per fare solo il passacarte, senza alcun potere decisionale. Furono scelte, specie quelle assunte col referendum, prese su onde emotive. Io penso però che un settore così importante avrebbe tutto il diritto di essere guidato da un ministro ad hoc, possibilmente competente. Alla prossima proposta di modifiche costituzionali presenteremo certamente una modifica in questo senso.
Però lo stesso Titolo V ha indicato il medesimo decentramento di competenze alle Regioni per la Sanità, eppure il ministero competente è rimasto…
È vero, ma non mi faccia dire… In ogni caso, l’abrogazione del ministero al Turismo è stata una stupidaggine, inutile negarlo.
Oggi in Parlamento e nel Governo c’è maggiore consapevolezza dell’importanza del settore in Italia?
Mah, dubito fortemente, ma qualcuno di loro forse ne capisce un po’ per essere andato in viaggio di nozze o in vacanza ad agosto….
Adesso, per tentare di sanare la situazione attuale voi cosa proporreste?
Quello che diciamo fin dall’inizio della pandemia: un fondo di garanzia di due miliardi con solo una piccola percentuale a fondo perduto per far fronte ai costi fissi.
Un piano che porterete avanti in Parlamento?
Sicuramente, le proveremo tutte, anche attraverso una serie di emendamenti ad hoc al decreto Rilancio.
Sempre che il decreto sia emendabile…
Se non lo sarà, la fine è inevitabile.
(Alberto Beggiolini)