Chiudere entro 6 mesi gli allevamenti di visoni in Italia, e prevedere per le aziende del settore degli indennizzi adeguati. Questo il contenuto dell‘emendamento alla legge di bilancio presentato nella giornata di ieri in Senato dall’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, organismo che raccoglie esponenti di diverse forze politiche e che è presieduto dalla deputata di Forza Italia Michela Vittoria Brambilla. Il testo prevede la chiusura definitiva degli allevamenti di visone entro il 30 giugno del prossimo anno, in cambio di indennizzi in base al numero di capi presenti in azienda, quindi il fatturato dell’ultimo ciclo produttivo e le spese sostenute per demolire riconvertire i vari impianti. Prevista inoltre una corsia preferenziali per assegnare parte dei fondi del Pnnr destinati all’agrivoltaico e all’agrisolare (si parla di 5 milioni di euro).



«Ovunque si parla di transizione ecologica, di svolta ambientalista, di rispetto per la natura e gli animali – sottolinea l’onorevole Brambilla, come si legge sul Corriere della Sera – sono concetti e principi che presto otterranno un riconoscimento formale anche nella nostra Costituzione. A maggior ragione è impensabile perpetuare la sofferenza di animali nati per correre in libertà, ma costretti ad una vita che non è vita e destinati ad una morte orribile, solo per lucro e vanità. Chiudere definitivamente gli allevamenti di visoni è etico, auspicabile per la salute umana, responsabile nei confronti dell’ambiente e sostanzialmente indifferente per la nostra economia».



ALLEVAMENTI VISONI IN ITALIA CHIUSI IN SEI MESI: “UN’OCCASIONE STORICA”

La proposta di chiudere gli allevamenti di visoni era stata anticipata alla Camera già lo scorso 16 novembre, in occasione della presentazione di un’indagine sull’allevamento di visoni in Italia realizzata per conto di Human Society Italia. «Siamo davanti a un’occasione storica – ha commentato proprio Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Hsi – per relegare definitivamente al passato l’allevamento e l’uccisione di animali per produrre pellicce, colletti, pompon e altri capi o accessori frutto di crudeltà, di cui nessuno ha più bisogno e la cui domanda è in costante calo».



La decisione di chiudere gli allevamenti di visone, tra l’altro già fermi da mesi per via delle misure di restrizione anti covid, non è solo legata a questioni etiche e di salvaguardia degli animali, ma anche per via delle ripercussioni che tali attività hanno sull’ambiente e la salute. Numerosi sono infatti i casi di contagio registrati in Europa e in Italia a causa del passaggio visoni-esseri umani, inoltre, è stato più volte sottolineato il rischio di zoonosi. Ma in tutto questo, gli animali che fine faranno? Dovrebbero essere affidati a strutture autorizzate dal governo, «preferibilmente quelle gestite da associazioni di protezione animale riconosciute».