l numero delle vittime delle devastanti alluvioni che nei giorni scorsi hanno colpito l’Europa occidentale continua a crescere. Sono almeno 156 i morti in Germania e 27 in Belgio per un totale di 183. In tre giorni sono caduti tre mesi di pioggia. Il Land più colpito è quello della Renania-Palatinato con almeno 110 vittime. La Merkel in visita alle zone più ferite parla di “immagini spettrali” e promette aiuti economici in tempi brevi.



“C’è bisogno di una politica che tenga più in considerazione la natura e il clima  di quanto abbiamo fatto negli ultimi anni” ha detto la cancelliera ad Adenau. “Vediamo con quanta violenza la natura possa agire. Noi contrasteremo questa violenza della natura, nel breve, ma anche nel medio e nel lungo periodo”: l’Europa, ha aggiunto, sarà il primo continente a diventare neutrale rispetto alle emissioni di anidride carbonica.  “Quello che investiremo nella difesa del clima costa molto – ha concluso – ma quello che non faremo ci costerà molto di più. Se vediamo i danni degli ultimi anni o decenni, comprendiamo che dobbiamo ancora impegnarci moltissimo”.



Sappiamo tutti quanto le nozioni che la Merkel dà per certe siano in realtà oggetto di discussione da parte degli esperti: la sicurezza della cancelliera però ha indubbiamente la capacità di trovare dei “colpevoli” e quindi di far credere che sia possibile in futuro governare e prevenire eventi tanto devastanti. In Germania come in quasi tutta l’Europa siamo abituati al benessere, al controllo sul territorio: scoprire improvvisamente l’impotenza dell’uomo dinnanzi alla natura è qualcosa di drammatico. Per questo pensare che la causa di tutto ciò stia nel riscaldamento globale e che “basti controllare” quest’ultimo (le virgolette sono d’obbligo) per rimettere le briglie alla meteorologia, anche se in verità non sappiamo quanto sia vero, è rassicurante. Il poeta Eliot diceva che “il genere umano non può sopportare troppa realtà” ed è proprio in situazioni come queste che la verità del suo aforisma rivela tutta la propria forza.



Noi abbiamo bisogno di dissipare le tenebre, di frenare la notte e di dare il benvenuto al giorno: abbiamo bisogno di avere regole che uccidano il caos e l’oscurità, per cui ci aggrappiamo alla teoria – magari a quella del riscaldamento globale della quale non conosciamo bene i termini – per avere una luce che districhi e ricomponga, per contenere quello cui non sappiamo dare nome se non per dire che ci ha appena fatto del gran male portando morte, fango, incertezza. Vediamo roulotte e automobili spazzate via, alberi sradicati, case abbattute, e possiamo solo aggrapparci all’idea che contenendo l’emissione di CO2 tutto ciò non accada più.

Come sempre però, e questa forse è l’unica notizia positiva, la vera roccia sulla quale appoggiarci è la solidarietà che scatta quando l’uomo è messo alle strette: come accaduto mille volte ad ogni latitudine del mondo, quando ci sono emergenze c’è chi mette a rischio la propria vita per salvare quella degli altri. In un Paese che affonda nel fango non mancano storie incredibili ed emozionanti. C’è per esempio la vicenda di un soccorritore in balia delle acque che viene salvato dalle persone che lui avrebbe dovuto soccorrere: insomma i soccorsi soccorrono i soccorritori. Se l’emergenza tira fuori il meglio da noi stessi, se vincono l’altruismo, la condivisione e l’aiuto reciproco il futuro è rosa: più rosa che affidarsi all’idea che il contenimento delle emissioni aggiusti il dissesto idrogeologico.

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