Sono attese nuove piogge questa settimana su gran parte dell’Italia. A Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, una delle zone più colpite dall’alluvione della scorsa settimana, ieri i campi erano ancora allagati. Intanto fa discutere l’ipotesi, ventilata dai ministeri delle Imprese e dell’Economia, di rendere obbligatoria dal 1° gennaio 2025 la stipula di polizze contro le catastrofi e le calamità naturali per tutte le imprese con sede legale o stabile organizzazione in Italia. Il Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha evidenziato il rischio di “desertificazione” per alcuni territori derivante da quest’obbligo, dato che in alcune zone del Paese assicurarsi potrebbe costare molto più che in altre. Abbiamo chiesto un commento ad Augusto Patrignanipresidente di Confcommercio della provincia di Forlì-Cesena, una delle aree interessate dall’alluvione della scorsa settimana.



Partiamo proprio dal vostro territorio. Le imprese colpite già dall’alluvione del maggio del 2023 ce le faranno a ripartire anche stavolta?

Ci saranno imprese che purtroppo non ce la faranno, ma la maggior parte riuscirà a ripartire, pur tra mille difficoltà, perché ricominciare dopo i danni subiti non è facile per nessuno.



Com’è stato possibile che si siano ripetuti gli stessi problemi di un anno prima. Cosa non ha funzionato?

Secondo me, il problema principale è dato dalla troppa burocrazia. Oggi come oggi, portare a termine un qualsiasi intervento, a causa della burocrazia, rischia di richiedere troppo tempo. E come stiamo purtroppo vedendo, l’ambiente, il clima, il meteo non aspettano.

Tutto questo nonostante esista una struttura commissariale per la ricostruzione.

La figura del Commissario è utile per superare molti ostacoli, ma può far poco di fronte alla burocrazia. Se prima di pulire il letto di un fiume o di realizzare un’infrastruttura servono pareri, autorizzazioni e altri documenti, l’attesa per l’intervento concreto inevitabilmente si allunga.



Cosa pensa dell’obbligo per le imprese di stipulare una polizza assicurativa contro le catastrofi e le calamità naturali che dovrebbe scattare dal 1° gennaio 2025?

L’obbligatorietà non mi convince e nel caso bisognerebbe che ci fossero anche delle regole ben precise per evitare di fornire un forte potere contrattuale alle imprese assicurative che potrebbe sfociare in richieste di premi eccessivi, tanto più che al 1° gennaio mancano poche settimane ormai. Ritengo che in ogni caso non vada trascurato un dettaglio relativo al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza laddove vengono previsti gli adeguati assetti organizzativi.

A che cosa si riferisce?

In base alle norme, l’imprenditore deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa finalizzato, tra le altre cose, a gestire tempestivamente l’emergere di una crisi, anche in relazione a elementi esterni riferibili al macroambiente in cui l’impresa opera e dai quali può essere condizionata. Un’alluvione, che sta diventando un evento ricorrente, va considerato o meno tra questi elementi esterni? E, dunque, tra gli adeguati assetti organizzativi dovrebbe rientrare anche una copertura assicurativa?

Ce n’è di che discutere.

Esatto. Al di là di questo, anche se sono contrario all’obbligo, il mio consiglio da imprenditore è comunque di assicurarsi, proprio per mitigare un rischio. E, obbligo o meno, spero che non si lasci “carta bianca” alle assicurazioni, ma si possa trovare il modo di fissare dei criteri, dei parametri, che evitino la richiesta di premi eccessivi.

Che in alcune zone, come detto da Orsini, potrebbero portare a un rischio” desertificazione”…

È chiaro che una grande impresa, specie se manifatturiera, può pensare a spostare la propria sede o il proprio stabilimento, ma per chi opera nel terziario questo discorso è più complicato: per fare un esempio, non si può pensare di spostare un albergo.

Per concludere, in questo momento di cosa c’è bisogno per le imprese del vostro territorio?

Da quello che sappiamo, non sono mancate le risorse, ma la catena decisionale e il blocco burocratico non hanno consentito di realizzare gli interventi necessari in tempi brevi. Ci sarebbe bisogno di vedere applicato il modello della ricostruzione del ponte di Genova dopo il crollo del Morandi. Anche perché andiamo incontro a mesi in cui le piogge dovrebbero essere particolarmente frequenti.

(Lorenzo Torrisi)

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