Dopo la tragedia è scattata la corsa alla solidarietà: nell’entroterra di Valencia la conta dei morti continua, ma la gente che è rimasta dopo l’alluvione di martedì ora sta cercando di ripulire case che al piano terra sono state completamente invase dall’acqua. Lo fanno con l’aiuto dell’esercito e della protezione civile, ma anche di tantissime persone che hanno deciso di dare loro una mano. Pablo Sendra, uno dei volontari, è di Valencia e ha studiato per cinque anni a Roma. Racconta al Sussidiario come si stanno svolgendo i soccorsi in paesi (come Paiporta, Picanya, Xirivella, Benetusser) che sono ancora sommersi dal fango, tanto che alcune località non si possono ancora raggiungere.



Com’è la situazione? Il numero dei morti continua a crescere: ci sono ancora tanti dispersi?

Sono stato a Paiporta, uno dei paesi che ha sofferto di più per l’inondazione. I dispersi sono ancora molti. La gente del posto sa dove potrebbero essere perché conosce dove abitavano le persone che ora non si trovano più, ma c’è ancora tanto fango ed è difficile tirare fuori tutti i cadaveri. Non si sa quanti saranno alla fine: qui la gente parla di 500 persone. Poi ci sono posti nei quali non si può ancora arrivare; il bilancio definitivo lo avremo forse fra un paio di settimane.



La pioggia, comunque, è finita?

Per il momento non piove, anche se oggi sono previste delle precipitazioni: dovrebbero essere nella norma, niente che si avvicini a quello che è successo martedì. Non è pericoloso che piova a Valencia, il mare è vicino e l’acqua viene convogliata lì. Il rischio è sempre per l’entroterra.

Come si stanno muovendo i soccorsi?

Migliaia di persone si sono mosse da Valencia per andare ad aiutare a svuotare le case, a spostare i mobili, ad esempio. Si tratta di abitazioni di paese, non molto alte, che arrivano a due piani; l’acqua è arrivata a un’altezza di due o tre metri e ha rovinato tutto quello che c’era al piano terra. Non c’è edificio che non sia invaso dal fango, è tutto rotto; la ricostruzione sarà lunga. Qualcuno dice che dovranno passare almeno due anni. Ora sono in azione l’esercito e la protezione civile, ma anche tantissimi volontari, per togliere fango e cadaveri. Sfruttando il giorno di festa, ieri si sono mossi in tanti. Negli altri giorni molti vanno ad aiutare dopo l’orario di lavoro.



Le persone che hanno perso casa come si sono sistemate?

Molti vivono in case che hanno un secondo piano e quindi si sono sistemati lì. Altri sono stati ospitati da familiari. Molti vivevano al primo piano e lì l’acqua ha intaccato tutto, l’arredo, la cucina. Io, insieme ad altri, abbiamo aiutato a portare fuori i mobili rovinati dall’acqua.

Le persone colpite dall’alluvione hanno da bere e da mangiare?

Sì, sono paesi molto vicini a Valencia, a un paio di chilometri; attraverso l’autostrada la gente porta loro acqua potabile e cibo. Adesso finalmente sono riusciti a riavere la luce.

Che comuni sono quelli che sono stati colpiti?

Ci vive gente che lavora a Valencia oppure che ha delle coltivazioni di arance, paesi dove c’è anche qualche industria. Un territorio in cui vivono molti anziani.

L’alluvione si è portata via anche intere famiglie. Cosa raccontano le persone della tragedia di martedì?

Qui a Valencia, quando piove, piove molto e di solito la gente scende nei box per portare fuori la macchina e non lasciarla in un posto che si può allagare. Molti sono morti in questo modo.

Ci sono delle polemiche perché il governatore di Valencia non avrebbe avvisato in tempo le persone di mettersi in salvo. Secondo te ci sono delle responsabilità?

Nessuno poteva sapere che la pioggia potesse avere questa intensità. A Valencia non piove moltissimo e quando succede le precipitazioni sono forti, ma di certo non si poteva immaginare che succedesse una cosa del genere. Il ministro dell’Interno, Fernando Grande-Marlaska, secondo me, non può dichiarare 24 ore dopo la pioggia che il governatore ha sbagliato. C’è da fare altro; non è il momento per montare un caso politico.

C’è ancora allarme per la Dana, il pericolo che succeda da qualche altra parte?

L’allarme non è finito; potrebbe succedere in altri posti, si è parlato di Barcellona ma per ora non è successo niente.

(Paolo Rossetti)

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