Sono 7 gli alpinisti travolti da una valanga in Pakistan, fra cui 4 italiani. Dalle ultime indiscrezioni riportate dai colleghi di TgCom24.it, i nostri connazionali sono vivi ma bloccati in quota. In base a quanto emerso, l’incidente sarebbe avvenuto nelle prime ore di lunedì 17 giugno, ad un’altezza di 5.300 metri sul livello del mare, nella valle di Ishkoman sita nel distretto di Ghizer. I soccorsi sono stati organizzati subito dopo l’allarme, ma sono partiti solamente quest’oggi, martedì 18 giugno, a causa delle difficili condizioni climatiche, nonché per via della lontananza del luogo dell’incidente dal campo base. I quattro italiani sono Tarcisio Bellò, a capo del gruppo, nonché Luca Morellato, David Bergamin e Tino Toldo. Presenti anche tre pakistani nella spedizione, Nadeem, Shakeel e Imtiaz, e pare che quest’ultimo sia morto, unica vittima fra i sette. Vi sarebbero dei feriti, fra cui proprio Tarcisio Bellò, che dopo la valanga avrebbe riportato delle fratture, forse perché sbattuto dalla furia delle neve contro le rocce o il ghiaccio. I sette erano partiti alla volta di una cima di 5.800 metri che fino ad oggi non è mai stata conquistata, individuata nel 2017 dall’alpinista Franz Rota Nodari, poi morto durante una scalata nel 2018. La spedizione di Bellò era dedicata proprio allo scomparso Nodari, nonché a Daniele Nardi e a Tom Ballard, morti lo scorso febbraio sul Nanga Parbat. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



ALPINISTI ITALIANI TRAVOLTI DA VALANGA IN PAKISTAN

Una gravissima valanga ha travolto questa mattina un gruppo di 7 alpinisti di cui 4 sono italiani sotto la vetta di Hindu Kush, nella valle di Ishkoman (distretto di Ghizer) in Pakistan: la notizia è filtrata dalle agenzie internazionali sono questo pomeriggio, quando poi sono state avvisate anche le famiglie dei 4 scalatori rimasti travolti dalla slavina staccatasi in alta quota. Il gruppo è composto tutto da cittadini veneti, con il capospedizione Tarcisio Bellò accompagnato da David Bergamin, Tino Toldo e Luca Morellato: per tutti e 4 gli alpinisti italiani al momento le notizie sarebbero positive nel senso che, stando alle fonti dei soccorritori pakistani, sarebbero tutti vivi anche se con diverse fratture e l’impossibilità di venire via dal luogo della valanga fino a che i soccorsi non saranno attivati. Con loro in spedizione erano presenti – secondo Il Gazzettino – anche tre scalatori pakistani: Nadeem, Shakeel e Imtiaz di cui purtroppo quest’ultimo al momento sarebbe l’unica vittima della tragedia avvenuta ad alta quota. Il vero problema però è rappresentato dalla difficoltà per i soccorsi di raggiungere il luogo della tragedia: l’esercito del Pakistan sta preparando una spedizione speciale ma non potrà partire prima di domani «causa condizioni meteo e lontananza della base dal luogo dell’incidente», riporta Il Messaggero.



VALANGA IN PAKISTAN: L’ULTIMO POST CHOC SU FACEBOOK

Secondo l’Ansa, l’obiettivo dell’operazione erano i 5800metri finora inviolati della cima Hindu Kush scoperta nel 2017 dall’alpinista Franz Rota Nodari, scomparso purtroppo nel 2018 a Concarena: il gruppo di Bellò pare avesse proprio dedicato questa nuova spedizione in onore a Nodari, Daniele Nardi e Tom Ballard, questi ultimi morti lo scorso febbraio sul complesso Nanga Parbat. Nell’ultimo post su Facebook, il capo spedizione Bellò ha voluto raccontare nel dettaglio le varie difficoltà che stavano riscontrando nel loro lungo viaggio verso la vetta, con alcune «slavine da insolazione» che avevano reso rischioso il passaggio in alcuni momenti della salita alla cima “inviolata”: «Abbiamo sciolto tutte le incognite speriamo solo che il tempo ci assista un altro giorno – si legge nel messaggio postato il 16 giugno alle 8 di mattina -. Stamattina David Imtyaz e io abbiamo battuto traccia fin sotto alla parete del Lions Melvin Jones peak che si presenta fattibile e senza particolari pericoli. A dir la verità non è stato sempre cosi, le abbondanti nevicate ci hanno messo a dura prova sia nell”estenuante fatica di batter traccia, sia nel scegliere orari adatti ad evitare le possibili slavine da insolazione. Un paio di volte abbiamo ripiegato per non rischiare, come ieri che immersi nella nebbia più totale, bianco sotto bianco attorno, ci siamo arresi e lasciato una corda e altre attrezzature tecniche nel ghiacciaio. Due ore dopo è apparso il sole e una enorme slavina ha sepolto le nostre attrezzature coinvolgendo solo in parte la nostra traccia. Segno che avevamo scelto bene il percorso, ma non possiamo permetterci altri errori».

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