«Credo che si debba costituire un’Alta Corte, composta da personalità con le stesse caratteristiche dei componenti della Corte Costituzionale, che sia giudice di appello nei confronti delle decisioni disciplinari e amministrative del Csm, del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa e di quella contabile»: questa è la proposta che lancia Luciano Violante, ex magistrato e Presidente della Camera, dalle colonne del Foglio in risposta al “caos” generato dall’ultima sentenza del Consiglio di Stato sulla Procura di Roma.



Csm, Tar e Corte dei Conti: per Violante occorre un altro organo che possa dirimere i ricorsi contro questi organi, impedendo alla magistratura amministrativa «di andare sempre più spesso a giudicare il Csm». Serve una riforma per l’ex giudice ed esperto del mondo della magistratura: non solo per dirimere i casi-scandali degli ultimi mesi nel Consiglio Superiore della Magistratura, ma anche per evitare il groviglio di sentenze e contro-ricorsi come visto nella recentissima “battaglia” sulla Procura di Roma tra Prestipino, Tar e Consiglio di Stato.



LA PROPOSTA VIOLANTE SUL CSM

«Visto l’intensificarsi dei ricorsi contro le decisioni dl Csm, si pone il problema se a giudicare debba essere la magistratura amministrativa», ripete ancora Violante nell’intervista messa a punto da Luciano Capone. Messa a mo’ di slogan, Luciano Violante lancia la sua riforma-proposta: «serve una Corte per il ricorso di grado unico sulle decisioni degli organi di autogoverno di tutte le magistrature». Il problema nasce da lontano, ovvero dal fatto che secondo Costituzione è possibile che ogni decisione del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa possa trovare ricorso al Tar che però a sua volta è subordinato al Consiglio di Stato: «è una contraddizione troppo evidente […] dato dai mutamenti dei costumi negli ultimi 20 anni che ci costringe ad una nuova norma costituzionale». Con i “costumi” Violante intende la maggiore sensibilità di tutti ai diritti e dunque «maggiore consapevolezza di titolarità dei diritti e così si impugnano più frequentemente decisioni che si presumono li violino». Difficilmente questa nuova “Alta Corte” potrà veder la luce nel largo pacchetto di riforme della giustizia previste dal Ministro Cartabia nel prossimo PNRR, ma occorre quantomeno fare il più presto un ragionamento a livello politico sul tema: «troppi ricorsi? Non è colpa dei giudici ma ad esempio di un codice appalti, un confuso labirinto regolatori che favorisce continui ricorsi», ammette ancora Violante al “Foglio”. In questo senso, la messa in “disparte” del codice appalti per le opere inserite nel Recovery Plan è sicuramente un’ottima notizia ma non basta: al centro occorre un cambio di cultura, «per molto tempo ha dominato la cultura del sospetto» attacca Violante chiudendo l’intervista «questo processo di criminalizzazione di chi opera nel settore ha portato a un passo indietro delle persone perbene e alla paura della firma nei funzionari pubblici». Proprio in quelle leggi vi risiede l’impronta della sfiducia, «l’idea dello Stato guardiano sospettoso della vita dei cittadini e delle imprese»: ecco, per Violante questo sistema, questo “clima” va messo da parte, serve più trasparenza e fiducia, poi se qualcuno sbaglia «allora paga».

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