Nell’udienza a Bergamo sull’inchiesta in merito alla situazione di Alzano Lombardo nei primi momenti dell’emergenza coronavirus, chiamato come teste principale il direttore generale del Welfare Lombardia, Luigi Cajazzo, ha ribadito che la decisione di riaprire l’ospedale di Alzano il 23 febbraio scorso è avvenuta dopo l’ok dell’ASST di Bergamo Est: «La decisione di riaprire il pronto soccorso di Alzano Lombardo il 23 febbraio, dopo l’accertamento dei primi due casi di Coronavirus, è stata presa in accordo con la direzione generale dell’Asst di Bergamo Est», ha spiegato Cajazzo davanti al pm dopo l’apertura dell’indagine per epidemia colposa a carico per ora di ignoti.
Nella tragedia del Covid-19 in Lombardia, i comuni di Alzano Lombardo e Nembro, in provincia di Bergamo, hanno rappresentato forse il simbolo tremendo di una strage di vittime che in almeno 1 mese e mezzo non è stata possibile ridurre nei numeri e nei controlli: su questi paesini delle Bergamasca, le responsabilità da settimane ormai vengono “rimpallate” tra Governo, provincia e Regione Lombardia in merito all’istituzione della zona rossa che avrebbe potuto evitare la strage. In realtà, già una circolare del Viminale del 8 marzo scorso “assolse” la Lombardia dichiarando come l’istituzione di zona rossa in quel momento sarebbe dovuta essere di competenza del Governo, che però un giorno dopo emanò il Dpcm “io Resto a Casa” col quale si pose in lockdown l’intera nazione.
ALZANO LOMBARDO: LA POSIZIONE DELLA LOMBARDIA
Ma la procura vuole comunque vederci chiaro, specie in quell’ospedale di Alzano dove purtroppo dopo i primi due casi di coronavirus si assistette ad una vera e propria strage di contagiati da Covid-19: «ci era stato assicurato che era tutto a posto, i locali sanificati e predisposti percorsi separati Covid e no Covid» ha spiegato ancora ieri il dg del Welfare lombardo che collabora a stretto contatto con l’assessore Giulio Gallera fin dall’inizio dell’emergenza coronavirus in Lombardia. E ancora Cajazzo, secondo quanto riportato dal Giorno, ad aver messo a verbale davanti ai pm che «la disposizione di riaprire il pronto soccorso solo per i casi urgenti era dovuta alla evoluzione rapidissima dell’epidemia», dimostrata tra l’altro dal fatto che quel giorno erano già 114 i casi positivi in tutta la Lombardia, di cui «circa 20 erano di pazienti ricoverati in terapia intensiva».
Il direttore generale ha così spiegato che era in quel contesto impossibile rinunciare ad una ingente offerta assistenziale, seppure limitata alle urgenze, come quella di Alzano Lombardo. Infine, davanti al magistrato il teste ha ribadito che da quella domenica «sono stati sottoposti a tampone tutti gli operatori sanitari che erano stati a contatto con i pazienti positivi e che era stata sospesa l’attività ordinaria del presidio ospedaliero, compresa quella chirurgica, salvaguardando solo gli interventi indifferibili».