La FDA, Food and Drug Administration, ha approvato nelle scorse ore un farmaco contro l’Alzheimer che ha l’obiettivo di rallentare il declino cognitivo. Si tratta precisamente del Leqembi o Lecanemab, un anticorpo monoclonale che riduce le placche amiloidi nel cervello. Come sottolineato dal Corriere della Sera sono stati sollevati dei dubbi circa gli importanti effetti collaterali che lo stesso medicinale causerebbe, ed è per questo che alcuni esperti hanno storto il naso. Il farmaco va assunto nella fase precoce, quando l’Alzheimer si manifesta in maniera lieve, e l’approvazione accelerata è giunta dopo che sono stati pubblicati i tanto attesi dati dello studio di fase 3 sul New England Journal of Medicine da un gruppo di scienziati dell’Università di Yale.



Stando agli autori dello stesso studio «il lecanemab è stato associato a un minor declino clinico delle capacità cognitive e funzionali rispetto al placebo, ma sono stati registrati effetti avversi e saranno necessari studi più lunghi per determinare l’efficacia e la sicurezza del farmaco». Fra gli effetti collaterali troviamo edema cerebrale ed emorragia cerebrale, soprattutto per chi usa farmaci fluidificanti per il sangue o chi presenta una mutazione genetica particolare.



ALZHEIMER, APPROVATO FARMACO CHE RIDUCE DECLINO COGNITIVO: NEL 27% DEI CASI…

Eppure, secondo gli studi, i risultati appaiono soddisfacenti visto che, i pazienti che sono stati sottoposti alla fase dei test finali del farmaco contro l’Alzheimer, hanno fatto registrare un declino cognitivo più lento del 27%, anche se, su una scala di valutazione delle demenza da 0 a 18 punti, il vantaggio è stato di soli 0.45 punti.

«Il risultato è certamente statisticamente significativo a favore del farmaco ma di scarsa rilevanza dal punto di vista clinico e potrebbe non significare molto per i pazienti spostare il punteggio da un 3,2 di partenza a un 4,4 con il farmaco e un 4,8 con placebo, tenuto conto anche del numero enorme di pazienti coinvolto, del periodo abbastanza lungo dello studio, un anno e mezzo, e degli importanti effetti collaterali» ha commentato il professor Alberto Albanese, responsabile dell’Unità di Neurologia all’istituto Humanitas di Milano e professore di Neurologia all’Università Cattolica di Milano, ai microfoni del Corriere della Sera.