L’Alzheimer colpisce fino al 5% della popolazione sopra i 65 anni, percentuale che sale al 30% nel caso di persone di età superiore a 80 anni. Ciò significa che quasi 1 su tre over 80 potrebbe soffrire di questa patologia, una malattia cronica e molto grave, che va a compromettere le funzioni cerebrali portando a un declino cognitivo. Come rammenta il portale “Dottore ma è vero che”, all’inizio del mese di giugno la Food and Drug Administration ha approvato un anticorpo monoclonale denominato aducanumab per il trattamento dei pazienti con malattia di Alzheimer. In seguito all’assenza di terapie efficaci e della gravità della malattia, l’Agenzia ha proceduto alla modalità di approvazione accelerata. Questo permette la valutazione di nuovi medicinali sebbene vi sia un numero limitato di studi.
Il programma di ricerca dell’azienda produttrice di aducanumab consisteva in due studi clinici di fase 3, ovvero quella che serve a determinare quanto sia efficace un farmaco se ha qualche beneficio in più rispetto a farmaci simili già in commercio e qual è il rapporto tra rischio e beneficio. In questo caso vengono arruolati centinaia o anche migliaia di pazienti. Dei due studi, solo uno ha mostrato effetti sulle persone che hanno assunto il farmaco ma nonostante questo l’Agenzia ha sottolineato come in tutti i casi aducanumab abbia ridotto in maniera importante il livello delle placche amiloidi nel cervello chiarendo: “Prevediamo che la riduzione della placca amiloide si tradurrà in una riduzione del declino clinico”.
ALZHEIMER, APPROVATO PRIMO FARMACO
L’approvazione del primo farmaco è stato accolta in maniera molto positiva da alcune associazioni di familiari malati di Alzheimer. Anche Gioacchino Tedeschi, presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN) ha voluto sottolineare come gli studi condotti abbiano evidenziato “la riduzione del deposito di amiloide nel cervello dei pazienti trattati e, pur mancando ancora la conferma che questo dato strumentale correli con un reale miglioramento clinico, la notizia è senza dubbio importante”. Ovviamente saranno necessari ulteriori studi e test clinici per documentare la reale efficacia clinica nelle fasi iniziali della malattia di Alzheimer ma questo rappresenta un primo passo importante. Il farmaco approvato potrebbe infatti ridurre la probabilità di contrarre la malattia agendo contro la proteina amiloide sebbene non ci siano conferme che questo effetto possa portare ad un miglioramento dell’anziano affetto dalla malattia. Il farmaco è stato approvato sulla base di un “esito surrogato” ovvero qualcosa che è “ragionevolmente probabile” possa portare ad un beneficio nel paziente. Per aducanumab sono stati considerati sufficienti i dati relativi alla presenza di placche di proteina beta-amiloide nel cervello. Eppure non si hanno dati che provano l’efficacia nel ridurre l’insorgenza della malattia.
CRITICHE E COSTI
L’approvazione accelerata di un farmaco per Alzheimer ha ovviamente generato – inevitabilmente – anche molte critiche. Aaron Kesselheim, docente di Farmacoepidemiologia all’Università di Harvard ha considerato l’approvazione come “un pericoloso precedente per il tipo di prove che una terapia per l’Alzheimer dovrebbe dimostrare per ottenere il via libera, ma ancora più in generale per l’idea che un’azienda può invertire la rotta e perseguire all’ultimo minuto un’approvazione accelerata quando gli esiti clinici veri negli studi non raggiungono il livello necessario per la registrazione da parte dell’autorità regolatoria”. Dopo la decisione della FDA si attende quella dell’Agenzia Europea dei Medicinali e quindi quella delle autorità regolatorie nazionali europee. Il capitolo sui costi è particolarmente importante: la terapia per un anno dovrebbe avere un costo pari a circa 56 mila dollari a paziente.