Sul fronte della lotta all’Alzheimer da circa un decennio a questa parte i grandi gruppi farmaceutici non sono riusciti a fare alcun grande progresso, giungendo ad un progressivo abbandono dei progetti di ricerca che erano stati avviati. La causa, ovviamente, erano i costi, in larghissima parte non compensati dai guadagni, mentre il misterioso morbo ha continuato a correre tra la popolazione mondiale, colpendo ora più di 30 milioni di persone.
Ma nonostante i grandi gruppi farmaceutici non abbiamo visto alcun tipo di guadagno dalla ricerca contro l’Alzheimer, di differente avviso sono state alcune aziende minori, talvolta start-up, altre volte delegazioni di ricercati delle Big Pharma, che hanno progressivamente portato avanti le ricerche, nonostante i budget decisamente limitati. Una buona notizia, dunque, che peraltro ha portato anche a progressi tangibili, arrivando a pubblicare studi su nuovi farmaci innovativi, che potrebbero cambiare per sempre la lotta contro l’Alzheimer. Allo stato attuale, grazie soprattutto agli sforzi dell’azienda BioArctic (che conta appena 20 dipendenti), la corsa contro il morbo è ripresa, anche da parte dei Big, che starebbero giungendo a loro volta ad innovative soluzioni.
Alzheimer: i due farmaci in approvazione da parte dell’FDA
Secondo quanto racconta il Financial Times, nei prossimi mesi la Food and Drugs Administration americana, potrebbe approvare ufficialmente i primissimi due farmaci al mondo contro l’Alzheimer. Si tratta del composto creato da BioArctic, chiamato Lecanemab, e di quello creato da Eli Lilly, chiamato Donanemab, i cui studi iniziali hanno dimostrato, rispettivamente, un’efficacia in circa il 27% e il 35% dei casi.
I due farmaci contro l’Alzheimer sono piuttosto simili, anche negli effetti collaterali che andrebbero dal gonfiore all’emorragia cerebrale, mentre la comunità scientifica sembra essere ancora piuttosto divisa sulla loro effettiva efficacia. Dagli studi clinici, infatti, entrambi i formulati sono riusciti nel loro intento, prendendo di mira la proteina chiamata amiloide beta, che forma le placche nel cervello che ne compromettono il funzionamento. Il farmaco contro l’Alzheimer di BioArctic è particolarmente efficace nelle fasi iniziali della malattia, prima che l’amiloide si solidifichi portando alla formazione delle placche, mentre quello di Eli Lilly riuscirebbe a colpire le placche, agendo dopo il primo farmaco. Insomma, ora la palla è nelle mani della FDA, che se li approvasse, porterebbe un effetto a cascata anche negli altri istituti di regolazione farmacologica (come l’Ema europea e l’Aifa italiana).