Due malattie terribili come l’Alzheimer e la demenza senile, potrebbero essere forse risolte con un vaccino. La grande sfida dei prossimi anni sarà proprio quella di trovare una cura a queste due patologie, come spiega l’edizione online de Il Messaggero, citando un articolo pubblicato su “Alzheimer’s Research & Therapy”. Gli scienziati dell’Institute for Molecular Medicine e dell’Università della California (Uci), stanno lavorando da anni sul vaccino anti-demenza sviluppato partendo dall’adiuvante creato da Nikolai Petrovsky della Flinders University (Australia). Secondo quanto si legge, non è da escludere che già dall’anno appena iniziato, il 2020, ci possa essere la svolta in tema di vaccino anti-demenza e Alzheimer, che possa essere poi praticato con costanza nei prossimi anni. La sperimentazione ha infatti dato degli esiti positivi sui test effettuati sui topi, e di conseguenza a breve dovrebbe arrivare il via libera alle sperimentazioni cliniche anche sull’uomo.



ALZHEIMER E DEMENZA, VACCINO IN ARRIVO: “OK SUI TOPI, ORA TOCCA ALL’UOMO”

«Siamo stati in grado di prevenire la perdita di memoria nei topi e ovviamente il prossimo passo è portarlo negli studi clinici sull’uomo», le parole di Petrovsky, che si augura che sull’uomo i test possano iniziare in un periodo massimo non superiore ai 18-24 mesi. Obiettivo dello studio, provare a rimuovere le placche della proteina beta-amiloide, che quando accumulate in eccesso provocano appunto la neuro-degenerazione e il declino cognitivo che portano poi all’Alzheimer o alla demenza senile. «Nel loro insieme i risultati ottenuti fino ad oggi dal nostro studio giustificano il lavoro per lo sviluppo di questa strategia di immunizzazione basata sulla tecnologia MultiTep e per l’avvio dei test su pazienti colpiti dall’Alzheimer», le parole di Anahit Ghochikyan dell’Institute for Molecular Medicine e Mathew Blurton-Jones dell’Uci, i principali autori della ricerca. Fino ad oggi alcune molecole che sembravano promettenti in ottica vaccino, hanno fallito il passaggio agli studi clinici, ma nei prossimi mesi i ricercatori potrebbero finalmente individuare quelle adeguate allo scopo.

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