Per la prima volta uno studio è riuscito a dimostrare un’associazione – che per ora non si può ancora dire causale – tra i traumi cranici, il risveglio del virus dell’hespes e l’insorgenza dell’Alzheimer aprendo la porte ad un nuovo filone di ricerca che potrebbe dimostrare come le persone che normalmente (per via dello sport che praticano o del lavoro che svolgono) subiscono commozioni e traumi al cervello potrebbero essere maggiormente soggetti all’Alzheimer: a dirlo sono i ricercatori della Tuffs University che hanno condotto uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Science Signaling assieme ai colleghi della prestigiosa università di Oxford partendo da alcuni cervelli umani creati in laboratorio.
Prima di arrivare ai risultati sull’Alzheimer è interessante soffermarci un attimo sulle modalità con cui è stato condotto lo studio: i ricercatori – infatti – in laboratorio hanno coltivato dei piccoli cervelli umani che sono poi stati inseriti all’interno di gusci protettivi in plastica immersi in una soluzione di acqua calda e salata. Il modello – così – è stato sottoposto a diverse sollecitazioni meccaniche tramite un pistone che ha ricreato gli effetti di un trauma cranico e dopo qualche giorno si è proceduto all’analisi dei mini cervelli scoprendone gli evidenti segni dei danni prodotti dallo scuotimento.
Cosa dice lo studio sull’Alzheimer, i traumi cranici e il virus dell’herpes: si può parlare di una correlazione causale certa?
Analizzando i cervelli, i ricercatori hanno in particolare trovato segni chiari di un’infezione che hanno poi ricollegato al diffusissimo – tanto che si stima che almeno l’80% della popolazione ne soffra – virus dell’herpes labiale che aveva anche causato un’infiammazione del tutto simile a quella che si rileva nel cervelli umani colpiti dall’Alzheimer: in particolare, nei modelli che erano entrati in contatto con il virus sono state trovate ampie aree caratterizzate dalla presenza di neuroni morenti e delle famose placche amiloidi alla base della patologia neurodegenerativa; mentre quelli senza virus hanno recuperato le piene funzionalità nell’arco di qualche giorno.
La conseguenza – ormai ovvia – è che in un cervello infettato con il virus dell’herpes (che ricordiamo essere latente per tutta la vita dopo un iniziale contagio, tanta da risvegliarsi quando si è sottoposti ad un forte stress o a una situazione di debolezza immunitaria) se sottoposto a frequenti traumi cranici potrebbe sviluppare più facilmente l’Alzheimer: un risultato – dicevamo già prima – importante perché mette per la prima volta in fila tre eventi che si pensavano essere correlati tra loro ma senza che mai nessuno ne avesse scoperto l’effettivo meccanismo; aprendo potenzialmente le porte anche ad una nuova terapia basata sui farmaci antivirali per contenere l’insorgenza del morbo.
Tuttavia, al contempo è la direttrice Centre for Discovery Brain Sciences di Edimburgo – Tara Spires-Jones – a precisare che per quanto importante questo studio tralascia gli “importanti fattori correlati all’Alzheimer” come l’età del cervello e i mutamenti naturali dei vasi sanguigni, sottolinando in particolare che questi risultati “dovranno essere confermati in sistemi biologici più rilevanti” prima di poter parlare di “un collegamento biologico” certo tra le tre condizioni prese in esame.