Un nuovo studio osservazionale (ovvero basato esclusivamente sull’osservazione e l’analisi di alcuni di alcuni dati) ha dimostrato che potrebbe esserci un collegamento diretto tra lo sviluppo dell’Alzheimer e la professione svolta in età lavorativa, individuando alcune professioni che sembrano godere di una maggiore ‘protezione’ rispetto ad altre; il tutto confermando alcune scoperte che erano già state fatta in passato e che sembrano – più o meno – giungere alla stessa conclusione aprendo tuttavia ad una nuova interpretazione potenzialmente rivoluzionaria.
Partendo dal principio, è importante sottolineare che il nuovo studio sullo sviluppo dell’Alzheimer è stato condotto da un team di ricercatori del Mass General Brigham e pubblicato nell’ultimo numero mensile della prestigiosa rivista Nature: partendo dal tentativo di scoprire se ci siano dei lavoratori potenzialmente più esposti al rischio di sviluppare la malattia neurodegenerativa, i ricercatori hanno analizzato i database del National Vital Statistics System sui decessi registrati nell’arco degli anni tra il 2020 e il 2022 scoprendo innanzitutto che su 9 milioni di persone in media il 3,88% era morto proprio a causa dell’Alzheimer.
Di quei quasi 350mila morti per Alzheimer – poi – i ricercatori inglesi sono entrati nel dettaglio delle professioni svolte scoperto che per quanto riguarda i tassisti il tasso di decessi era solamente dell’1,03% che si riduceva ulteriormente allo 0,74% per quanto riguardava gli autisti di ambulanza; mentre approfondendo i dati sui piloti di aerei o sugli autisti di mezzi pubblici si è scoperto che l’incidenza rientrava nella media, rispettivamente con il 4,57% e il 3,11% di morti per la malattia.
Lo studio sulla professione e il rischio Alzheimer: i tassisti londinesi hanno l’ippocampo più sviluppato
Da questa semplice e chiara osservazione – dunque – i ricercatori hanno ipotizzato che tendenzialmente chi è solito sfruttare l’elaborazione spaziale e l’orientamento in tempo reale (da qui l’esclusione di piloti di aerei e autisti pubblici che, invece, seguono percorsi prestabiliti in modo prettamente meccanico) hanno un minore rischio di incappare nei problemi legati all’Alzheimer: “I cambiamenti neurologici nell’ippocampo – spiega lo studio – tra i conducenti di taxi e ambulanze
possano spiegare i tassi più bassi della malattia”.
Tuttavia, sono gli stessi ricercatori a precisare che “i dati non sono affatto conclusivi” dato che non si può escludere che le persone notoriamente a rischio Alzheimer potrebbero di base decise di svolgere professioni che non richiedono l’uso della memoria; ma in ogni caso grazie a questa osservazione si possono mettere a sistema anche altre due ricerche svolte a Londra nel 2021 che hanno scoperto che in media i tassisti londinesi mostrano un progressivo ingrossamento dell’ippocampo, ovvero la stessa regione che a causa dell’Alzheimer si riduce causando i noti problemi di memoria e di orientamento.