COME STA ANDANDO IL SUMMIT DELL’AMAZZONIA A BELEM
Dal summit di Belem in Brasile arriva una prima importante decisione in merito al futuro dell’Amazzonia, l’immensa foresta pluviale che si estende in Sud America e assurge a ruolo di “polmone verde” della Terra: 8 Paesi sudamericani hanno siglato la dichiarazione di intenti per contrastare la deforestazione, ovvero Brasile, Bolivia, Colombia, Equador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela.
Il vertice sull’Amazzonia in corso dal 9 al 10 agosto nella città brasiliana di Belem – città brasiliana alla foce dl Rio delle Amazzoni, dove si terrà nel 2025 la sede della Cop30 – ha dunque portato un primo risultato unitario in merito al contrasto della deforestazione in corso da decenni in vasti territori della foresta pluviale più grande del mondo: «Lo scopo – si legge nella dichiarazione congiunta diffusa in occasione del vertice dei Paesi dell’Organizzazione per il trattato di cooperazione amazzonica – è quello di promuovere la cooperazione regionale nella lotta alla deforestazione, per evitare che l’Amazzonia raggiunga il punto di non ritorno». Per raggiungere l’obiettivo del contrasto alla deforestazione gli 8 Paesi del Sud America hanno sottoscritto un piano in 113 punti dettaglia divisi in capitoli: si segnalano, tra gli altri, la creazione dell’Alleanza amazzonica contro la deforestazione, la creazione di un Parlamento Amazzonico, un «coordinamento di forze di sicurezza e intelligence nella lotta contro il crimine nella regione con la creazione di un Centro di Cooperazione Internazionale della polizia»; infine, si progetta una politica comune in materia di rispetto dei diritti umani e protezione delle popolazioni autoctone. Il prossimo vertice sull’Amazzonia si terrà nel 2025 in Colombia.
LULA ALL’OCCIDENTE: “CI DIANO 100 MILIARDI PER L’AMAZZONIA”
Per il resto, si registrano purtroppo scontri e violenze a margine del summit di Belem sull’Amazzonia, tanto contro i nativi quanto tra opposte fazioni pro-contro deforestazione: scontri però ideologici si sono visti anche all’interno del summit, in particolare sulla posizione da mantenere sullo sfruttamento del petrolio nel territorio amazzone. Il presidente della Colombia Gustavo Petro, ha fortemente criticato l’esplorazione del petrolio nella regione, di fatto ergendosi in contrasto con il suo omologo brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, che invece sostiene i nuovi blocchi offshore che la Petrobas vorrebbe avviare nelle zone della foce del Rio delle Amazzoni.
«L’esplorazione petrolifera nella foresta genera un enorme conflitto etico, soprattutto per le forze progressiste che dovrebbero stare dalla parte della scienza», attacca il leader colombiano trovando una sponda della Ministra dell’Ambiente in Brasile, Marina Silva, infatti su questo tema in contrasto con il Presidente Lula. Nel frattempo è lo stesso leader della sinistra brasiliana a mandare un messaggio molto netto ai Paesi sviluppati dell’Occidente per salvaguardare il futuro dell’Amazzonia: «hanno promesso di distribuire 100 miliardi di dollari, ma stiamo ancora aspettando quei soldi. Non abbiamo il diritto di essere l’unico animale sulla Terra a distruggere la propria casa, è importante preservare l’Amazzonia per il mantenimento della specie umana». Secondo Lula, non può essere responsabilità solo del Brasile e del Sud America la cura dell’Amazzonia, ma è di tutti l’impegno da prendere: una prima risposta indiretta arriva dalla Francia con la nota del Presidente Emmanuel Macron sul vertice di Belem, «La foresta è assolutamente cruciale nella lotta al riscaldamento climatico e contro la perdita della biodiversità. Ma, solo nel 2022, quattro milioni di ettari sono scomparsi nelle foreste primarie tropicali. È urgente porre un termine alla deforestazione». L’Eliseo fa appello a tutto l’Occidente per unire le forze nel «proteggere le riserve vitali, di carbonio e di biodiversità, nell’interesse dei Paesi forestieri, delle loro popolazioni e del mondo intero».