Nel suo cammino verso la transizione ecologica il settore agricolo si sta trovando di fronte a sfide importanti; da una parte rispondere alla domanda di cibo sempre crescente e dall’altra mettere in campo misure di mitigazione e di adattamento per contrastare i cambiamenti climatici. Nel primo caso la FAO ci ricorda che per sfamare una popolazione mondiale in rapida crescita, che si stima supererà i 9 miliardi di individui entro il 2050, sarà necessario aumentare la produzione agricola di almeno il 60%; mentre nella lotta al climatic change bisognerà lavorare sul fronte della riduzione della “impronta carbonica” e su quello del contenimento degli stress idrici e termici alle colture, attraverso soluzioni agronomiche e genetiche.



Diverse sono state le risposte arrivate dal mondo agricolo a queste due sfide, alcune appartenenti al modello dell’agricoltura biologica, altre a quello di un’agricoltura intensiva, altre ancora a sostegno di un’agricoltura integrata, fino a proporre l’applicazione dei principi dell’agroecologia come soluzione ottimale. Ultimamente, sulla stampa di settore, autorevoli rappresentanti suggeriscono l’adozione dei principi dell’agricoltura rigenerativa, come soluzione alla crescente attenzione per una produzione alimentare rispettosa dell’ambiente. La nascita di questo tipo di agricoltura risale agli anni 80 del secolo scorso e si riferisce ad un sistema di pratiche agricole in grado di ripristinare la salute del suolo e dell’ecosistema, lasciando la nostra terra, le acque e il clima in condizioni migliori per le generazioni future. In sostanza si appropria delle migliori intuizioni dell’agricoltura biologica, senza escludere tutti i miglioramenti introdotti dalle nuove tecnologie e incentivando lo stoccaggio del carbonio nel terreno per ridurre le emissioni di gas serra.



Per comprendere la necessità di intervenire tempestivamente ad interrompere l’attuale situazione negativa, basti ricordare che oggi il 33% del territorio mondiale risulta da “moderatamente ad altamente degradato” a causa di erosione, compattazione, contaminazione, acidificazione e salinizzazione dei suoli (FAO: Anno Internazionale dei Suoli). Osservando i suoli europei il 65% non è in salute e non è in grado di fornire adeguatamente servizi ecosistemici. In Italia la percentuale è del 47% e tra i problemi principali c’è l’erosione che a sua volta causa l’emissione di CO2 in atmosfera, contribuendo al cambiamento climatico, e alla perdita di carbonio (sostanza organica) dal suolo che in alcune zone d’Italia raggiunge valori anche al di sotto dell’1% (Re Soil Foundation, Roma 23 novembre 2023).



Volendo sintetizzare i principali interventi da apportare ai nostri sistemi colturali e che fanno riferimento ai principi dell’agricoltura rigenerativa, ricordiamo: la diversificazione colturale che si avvale della rotazione delle specie nel terreno coltivato, così da proteggerlo dagli agenti atmosferici e nello stesso tempo migliorarne la struttura, grazie all’azione delle radici delle piante; la riduzione e la limitazione dell’intensità e profondità delle lavorazioni del suolo che aiuta i suoli a recuperare fertilità e ricchezza biologica; la copertura del suolo, utilizzando i residui delle coltivazioni, che aiuta a trattenere l’acqua e a migliorare la sua struttura complessiva, fissando gli elementi nutritivi e la sostanza organica.

Altre tecniche dell’agricoltura rigenerativa che fanno riferimento alla precision farming potrebbero essere impiegate per migliorare l’efficienza dell’uso dell’acqua (es. sensori di umidità del terreno), per ottimizzare la distribuzione dei fertilizzanti (es. tecnica rateo-variabile) e per ridurre l’impatto dei fitofarmaci nell’ambiente (es. intervenire solo in caso del superamento dei “valori soglia” e utilizzare mezzi di biocontrollo).

Differenti sono le opportunità offerte dall’applicazione dei principi dell’agricoltura rigenerativa e proprio per questo c’è un interessamento del settore pubblico e privato. In particolare l’IPCC, Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico, in un rapporto del 2019 cita questo tipo di agricoltura come pratica efficace nell’aumentare la resilienza degli ecosistemi. Purtroppo, sottolinea Amedeo Reyneri (professore ordinario di Agronomia e Coltivazioni Erbacee, DISAFA, Università di Torino), “nell’attuale espressione della PAC (Politica Agricola Comune), l’agricoltura rigenerativa non trova dimora, non tanto se si esaminano le singole pratiche promosse, quanto nell’impianto complessivo che rispecchia una espressione di una situazione passata e che non aveva ancora fatto i conti con l’insorgenza delle sfide più recenti … è necessario spostare l’attenzione dalla richiesta di utilizzare meno input, verso interventi strutturali che rispondano al cambiamento climatico, che è la nostra vera emergenza ambientale”.

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