La tutela dell’ambiente (degli ecosistemi e della biodiversità) è ora in Costituzione. Si tratta di un passo importante che viene da lontano.
Ecco il nuovo testo. Articolo 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. la legge dello stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. Articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
La decisione, definitivamente sancita dal Parlamento, di modificare gli artt. 9 e 41 Cost. per fare esplicita menzione di valori e interessi già ben noti alla legislazione, alla giurisprudenza e alla riflessione dottrinale, è di grande interesse per mettere in luce elementi che sono oggi considerati come essenziali per una ordinata convivenza. Le modifiche recepiscono il comune sentire in materia, così come si è andato configurando negli scorsi decenni in progressione geometrica, e raggiungono il vertice della scala dei valori che devono essere tutelati per offrire alla comunità dei cittadini risposte adeguate alle loro domande e così rafforzare quel rapporto con la politica in parte compromesso.
Che cosa viene così tutelato? La domanda è legittima perché da tempo la dottrina avverte che di ambiente si può parlare in sensi molto diversi, due dei quali vengono qui recepiti: all’art. 9 l’ambiente menzionato si caratterizza essenzialmente come l’ambiente “naturale”, dato il richiamo che segue, nella scansione del testo costituzionale, alla biodiversità e agli ecosistemi. Si tratta di una visione globale del termine evocato, che chiede forme estese di intervento in tutti i livelli di governo per l’intrinseca connessione che lega i diversi aspetti presenti nella dimensione naturale, molti ben noti ma moltissimi ancora da identificare.
Più limitata la visione che emerge dall’art. 41, dove l’ambiente assurge ad elemento da proteggere in quanto messo a repentaglio dai progressi della scienza e della tecnica e dalla produzione industriale (nonché da molte altre attività materiali che vengono compiute in un certo contesto sociale), secondo un’accezione che mette in luce i molti conflitti di interesse che devono essere composti per non creare squilibri.
In altre parole: tutelare l’ambiente nel senso messo in luce perde quella visione irenica che invece pare dominare le modifiche presenti nell’art. 9 Cost., per entrare come elemento dei conflitti reali e potenziali propri di una convivenza complessa in cui si scontrano interessi e valori. Basti pensare al potenziale conflitto che oppone, in moltissime circostanze, la tutela della salute (e dell’ambiente) alla tutela dei posti di lavoro, per comporre il quale occorrono processi lunghi e talvolta ampiamente contraddittori.
Vi è poi tutto il tema della dimensione estetica dell’ambiente, già ricordata nella versione originale dell’art. 9, quel “paesaggio” e quel “patrimonio storico e artistico” che già adombravano una visione integrata, in cui l’ambiente – pur non menzionato esplicitamente – giocava un ruolo importante, non potendosi pensare a tale dimensione estetica slegata dal contesto in cui essa appare e viene goduta dai singoli e dalla collettività.
Tutto ciò per dire un punto sintetico e conclusivo dell’odierno accadimento: bene che vi sia una codificazione costituzionale esplicita del termine in esame; essa non è però scevra da problematiche, complesse e di difficile lettura, che chiedono e sempre più chiederanno azioni responsabili perché le aspirazioni che sono ivi racchiuse non vadano deluse o messe in atto ideologicamente.
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