È sempre stimolante partecipare al seminario estivo di Treia (Macerata) giunto quest’anno alla ventesima edizione affiancato da ormai dieci anni dal Festival della Soft economy officiato con metodo e merito dal presidente di Symbola Ermete Realacci, sacerdote laico di una visione del mondo che fa sempre più proseliti.
Qui si celebra l’Italia che fa l’Italia con i suoi protagonisti grandi e piccoli e le immancabili buone pratiche. Qui non ci si piange addosso, ma si riconoscono i valori che rendono il nostro Paese con le sue infinite espressioni – naturali, storiche, artistiche, scientifiche, imprenditoriali – uno dei più attrattivi in assoluto.
Qui non si urla, non si strepita, non ci si lancia accuse come coltelli, ma si discute con il gusto di scambiare opinioni, capire le ragioni dell’altro, lasciare un segno. Qui si coltiva la cultura del bello, dell’armonia, dell’equilibrio che in tanti ci riconoscono a nostra insaputa, impegnati come siamo a gettarci la croce addosso.
Qui si fotografa l’Italia che funziona, fissata per praticità in dieci selfie: leader nell’economia circolare e verde, primi nelle rinnovabili e nel design, avanzati nelle tecnologie per lo spazio, in testa nell’agroalimentare legato al territorio, forti nella meccanica, imbattibili nelle piastrelle come nel legno-arredo e negli occhiali.
Si tratta naturalmente di una felice semplificazione utile a fermare la nostra attenzione sulla qualità che sappiamo esprimere quando ci affidiamo al genio che abbiamo ereditato da progenitori campioni d’ingegno e innovazione. Ed è anche potente strumento di promozione, tradotto in moltissime lingue.
Per motivi che sarebbe interessante rintracciare abbiamo in qualche modo perso il filo conduttore dei nostri successi. E ci siamo depressi a tal punto da aver maturato su di noi un giudizio peggiore di quello che hanno gli altri. Chi ci osserva si accorge dei nostri meriti e li apprezza nonostante i nostri sforzi nel nasconderli.
Non si potrebbe spiegare altrimenti la potenza delle nostre esportazioni che anche in tempi di pandemia e conflitti armati tengono alto il Pil nazionale confermandoci nella seconda posizione in Europa come industria manifatturiera. Chi fa impresa supera ogni ostacolo che la politica s’incarica di frapporgli.
Tutto questo non vuol dire chiudere gli occhi di fronte a quello che non va e andrebbe cambiato. Le criticità del sistema sono note e fin troppo raccontate. Non ci sarebbe alcun motivo di alimentare recriminazioni e lamentale quando è possibile indicare una via per venir fuori dal vicolo cieco nel quale ci cacciamo.
Le sfide da affrontare sono tante e complesse. Bisogna esserne consapevoli sapendo che abbiamo anche le capacità per affrontarle. Qui a Treia ci si muove sulla frontiera delle soluzioni a partire dal manifesto sul clima lanciato in tempi non sospetti anticipando temi che oggi s’impongono coi fatti.
L’ambiente non è un fastidioso impiccio con cui dover fare i conti ma un alleato prezioso, rispettando il quale si acquista capacità competitiva e si produce ricchezza. L’ambiente non è il problema ma la soluzione e qui a Treia sfilano gli esempi che confermano la bontà di un’intuizione diventata realtà.
Uomini nuovi e nuove donne dovranno incaricarsi d’interpretare e governare un mondo “altro” sulla soglia del quale indugiamo con sospetto e timore. Qui a Treia si ha la sensazione che si stia formando una comunità cosciente volenterosa e desiderosa d’incontrare il futuro. E d’incoraggiare chi ancora resiste.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.