Il mondo è vicino al punto di non ritorno a causa della crisi climatica. Ad unirsi all’appello degli scienziati che continuano a chiedere interventi drastici per invertire la tendenza del cambiamento climatico e dell’uso insostenibile delle risorse sulla Terra è l’Istituto per l’Ambiente e la Sicurezza Umana dell’Università delle Nazioni Unite (UNU-EHS), che si occupa di condurre studi su temi che rientrano nelle aree di interesse dell’Onu. Infatti, ha redatto il rapporto “Interconnected Disatser Risks 2023” in cui riporta i sei punti di non ritorno, che rappresentano un rischio imminente per la salvaguardia della vita sulla Terra. Partiamo da una premessa: il punto di non ritorno è definito come il momento in cui sistemi ecologici e sociali su cui facciamo affidamento per la sopravvivenza rischiano di non funzionare nel modo in cui ci aspettiamo, perché hanno esaurito la loro capacità di adattamento ai cambiamenti in atto.
Ci sono sei punti critici interconnessi che «potrebbero innescare cambiamenti improvvisi nei nostri sistemi di sostegno alla vita e scuotere le fondamenta delle società». Una volta superate queste soglie, spiega il ricercatore Jack O’Connor, autore principale del rapporto Onu, «nuovi rischi si riversano a cascata. Rischi che possono trasferirsi ad altri sistemi. Dovremmo aspettarci che queste cose accadano, perché in certe zone stanno già avvenendo». I sei punti indicati nel rapporto Onu, pubblicato prima della COP28 che è in programma il mese prossimo, sono: accelerazione dei tassi di estinzione, perdita incontrollata della biodiversità, esaurimento delle falde acquifere, scioglimento dei ghiacciai, il caldo estremo e i detriti presenti nello spazio.
AMBIENTE, QUALI SONO I 6 RISCHI IMMINENTI PER LA NOSTRA SOPRAVVIVENZA
Per quanto riguarda l’esaurimento delle falde acquifere, stando ai dati riportati, oltre la metà delle principali risorse acquifere sotterranee del mondo si sta esaurendo più velocemente di quanto possano rigenerarsi in modo naturale. L’entità del problema si evidenzia tenendo conto che dalle falde acquifere sotterranee dipende la disponibilità di acqua potabile per oltre 2 miliardi di persone nel mondo. La perdita incontrollata della biodiversità è, invece, collegata al rischio per i vari ecosistemi di perdere la propria funzionalità. Negli ultimi 100 anni abbiamo perso oltre 400 specie di vertebrati, mentre le specie vegetali e animali attualmente a rischio estinzione sono circa un milione.
I detriti presenti nello spazio stanno diventando sempre più numerosi e il rischio è che impattino contro satelliti funzionanti, limitando le nostre capacità di prevedere ad esempio eventi meteorologici estremi; ma potrebbero anche entrare nell’atmosfera terrestre in maniera imprevista. Lo scioglimento dei ghiacciai causa l’innalzamento dei livelli del mare e rende sempre più difficile la sopravvivenza per gli ecosistemi montani. C’è poi il problema delle temperature estreme e delle aree esposte a un eccessivo rischio di catastrofi naturali.
Il rapporto Onu, oltre ad elencare i rischi e i possibili disastri, offre spunti di riflessione e dibattito sulle strategie da adottare per invertire la rotta. Bisogna in primis cambiare l’approccio. Le soluzioni attualmente implementate sono focalizzate a ritardare possibili impatti, per i ricercatori non sono proposte vere e proprie trasformazioni, per le quali serve un notevole sforzo e adattamento a nuove esigenze.