Anche la morte di Amedeo Matacena è un mistero: l’ex parlamentare di Forza Italia, che era stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e aveva trascorso l’ultimo periodo della sua vita da latitante a Dubai, potrebbe essere stato ucciso. Lo sospetta la procura di Reggio Calabria, che ha iscritto nel registro degli indagati per duplice omicidio la seconda moglie Maria Pia Tropepi. Non avrebbe ucciso solo il marito, morto ufficialmente per infarto nel settembre di due anni fa, ma anche la suocera Raffaella De Carolis, morta tre mesi prima del figlio anche lei pare per un malore.
La procura, quindi, ha disposto la riesumazione delle due salme e l’autopsia, perché andranno sottoposte ad accertamenti. Infatti, il sospetto della pm Sara Parezzan, che indaga con l’aggiunto Stefano Musolino e il procuratore capo reggente Giuseppe Lombardo, madre e figlio potrebbero essere stati avvelenati.
Stando a quanto riportato da Repubblica, le “operazioni” cominceranno l’1 ottobre. L’ex modella 43enne, residente da anni tra Emirati e Gragnano, non sarebbe l’unica persona finita nel mirino degli inquirenti, del resto uno dei filoni riguarda la latitanza stessa di Matacena e le complicità che l’hanno favorita e coperta.
MORTE AMEDEO MATACENA, LA “GUERRA” PER LA CREMAZIONE
In realtà, già dopo la morte dell’armatore erano circolate voci di una possibile inchiesta degli inquirenti sul decesso per capire se fosse realmente stato causato da circostanze naturali. Come ricordato dalla Gazzetta del Sud, erano state smentite proprio dalla seconda moglie, tramite un comunicato stampa.
Maria Pia Tropepi è stata coinvolta in una guerra familiare sulle salme, perché lei avrebbe voluto cremare il marito Amedeo Matacena e la suocera, assicurando che era una volontà dell’uomo. Ma l’altro figlio di Raffaella De Carolis si è opposto, infatti ha riportato la salma della madre a Reggio Calabria. I due figli di Matacena – Amedeo, nato dalla relazione con la conduttrice tv Alessandra Canale, e Athos, nato dalla relazione con Chiara Rizzo – si sono anche loro opposti.
Ma si era inserita anche la procura di Reggio Calabria che, come aveva rivelato l’Espresso, stava già indagando sulla morte dell’ex parlamentare, bloccando la cremazione della salma. I dubbi erano alimentati da diversi elementi: ad esempio, era morto dopo aver recuperato un maxi patrimonio che era finito sotto sequestro e aveva riottenuto dal tribunale, di cui avrebbe potuto disporre a breve visto che nel giugno 2023 la condanna sarebbe diventata inesigibile e quindi sarebbe tornato libero.