Dall’inizio della guerra che ha coinvolto l’Ucraina, con l’invasione russa, abbiamo rivolto la nostra attenzione cercando di spiegare cosa può servire, al giorno d’oggi, lo strumento della guerra che, in un mondo globalizzato come il nostro, non possiede molto senso logico: a meno di costituire l’ultima spiaggia per poteri dittatoriali che stanno rapidamente perdendo la loro influenza nei propri Paesi e attraverso la guerra mirano a distrarre l’opinione pubblica dalle loro crisi per portare l’attenzione popolare su problematiche, quasi sempre legate alla presa di territori, che possano ricompattare la gente sul nazionalismo più becero ma anche più utile al mantenimento del potere stesso.



Abbiamo fatto l’esempio della guerra delle Falkland/Malvinas e diciamo che la nostra tesi è stata successivamente condivisa anche da diversi media argentini. Perché al giorno d’oggi l’influenza delle grandi potenze a livello economico può portare a risultati di dominio superiori a quelle di un conflitto, che rimane un’arma disperata in cui, lo ripetiamo, chi spara per primo perde.



Con l’Africa, l’America Latina costituisce un elemento importante per supportare questa tesi e anche l’interesse che gli Usa di Biden hanno mostrato nei riguardi della dittatura del chavismo in Venezuela ne è l’ennesima dimostrazione, al pari delle misure economiche che hanno messo in ginocchio, dopo soli pochi giorni, la Russia intera.

Di certo gli Stati Uniti che si presentano come clienti energetici al Paese caraibico, cosa che può sembrare surreale, modificano (o rischiano di farlo) le carte in gioco in un continente che di per sé ha provato, e continua a farlo, la lezione del populismo come alternativa al concetto di Repubblica democratica. Il populismo promette la creazione di un paradiso di uguaglianza e libertà che illude anche ripetutamente le popolazioni latinoamericane sulla creazione dello Stato perfetto ottenuto solo attraverso il delivery del voto, spesso influenzato da una propaganda martellante che colpisce vecchi poteri dove, effettivamente, la corruzione imperava, per sostituirli con il concetto di Repubblica Popolare. C’è chi a questa illusione crede e abbocca, purtroppo, da più di 70 anni, come l’Argentina (tolti i periodi di dittature), ma anche Paesi che hanno raggiunto un certo grado di benessere (come il Cile e il Perù), ma le disuguaglianze sociali, nonostante la forte riduzione della povertà, spingono il voto verso la creazione di una “giustizia sociale” che alla fine rimane una pia illusione. 



Da sempre, una volta conquistato il potere, si assiste a purghe politiche che spesso sfociano nella violenza e poi alla caduta della maschera del “profeta” di turno, con l’instaurazione di una dittatura: ma, successivamente, le decisioni dei vari capi sull’economia portano alla completa distruzione della stessa e a quel punto, per cercare di salvare il potere, ecco che arrivano le grandi potenze (in America Latina e Africa, Cina e Russia) che lo sostengono in cambio di risorse naturale della nazione salvata. In pratica, alla fine, interi Paesi vengono assoggettati senza sparare un solo colpo di fucile ed enormi ricchezze affluiscono nelle casse delle potenze “protettrici” che permettono ai ducetti di turno di continuare nella loro “missione popolare” arricchendosi pure. 

Ora si tratta di capire il perché questi teatrini spesso si ripetano in un Continente così ricco di risorse non solo del suolo, ma anche intellettuali, come l’America Latina, ma di certo il fatto dimostra come le guerre siano al giorno d’oggi inutili e solo dannose.

Il bello, però, è che questo concetto si sta pian piano impossessando, attraverso tesi di sovranismi vari, pure del vecchio Continente europeo, in cui anche l’Italia recita una parte non di secondo piano, non solo con le Berlusconate o Salvinate di turno (ma anche PDate) nell’incensare Putin pure di recente, ma anche con manifestazioni che lo inneggiano e difendono effettuate sia da movimenti di estrema destra che da reduci del comunismo: due estremi che alla fine si attraggono perché sono uguali sostenitori della fine delle libertà individuali e collettive.

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