Continua la serie di figuracce del Presidente brasiliano Lula da Silva: dopo aver scoperto come solo nei primi 100 giorni del suo mandato il numero di incendi in Amazzonia sia triplicato, altre due perle si aggiungono a una collana che ormai pare non abbia più il senso della misura. In un’intervista televisiva ha affermato: “A volte penso che se c’è da individuare una professione onesta sia quella del politico, per la trasparenza che bisogna dimostrare in un incarico pubblico”.



Sembrerebbe un pensiero ingenuo, ma invece chi lo ha esposto non è solo un personaggio che di problemi ben lontani dalla trasparenza ne ha avuti lui stesso, ma è anche quello che anni fa, quando la famosa “Mani pulite” brasiliana chiamata Lava Jato scoprì scandali a ripetizione nei suoi Governi, durante la sua ultima campagna elettorale confessò che in effetti durante le sue gestioni c’erano stati casi di corruzione. Insomma, c’è un bel po’ di confusione nel personaggio, che anche nel corso della sua visita in Portogallo è riuscito a radunare migliaia di persone in una manifestazione contro le sue politiche e il sistema di corruzione che le ha distinte.



Ma ad aumentare i controsensi continui c’è da registrare pure un continuo via vai di relazioni politiche estere nelle quali si professa prima alleato della Cina, poi degli Usa: insomma un vestito buono per tutte le stagioni che somiglia tantissimo, in questo particolare momento, a quello che indossa pure il Presidente argentino Alberto Fernandez, che recita la solita litania “double face” nella quale poi ambedue si spingono a riconoscere Governi latinoamericani di stampo dittatoriale (soprattutto Venezuela e Nicaragua) al pari di altri capi di Stato del Continente.

In poche parole nel ventunesimo secolo si supporta la dittatura di Cuba (che poi ha imposto il suo sistema in Venezuela, Bolivia e Nicaragua), ma allo stesso tempo ha allargato il suo controllo a Governi di Paesi democratici attraverso candidati che, quando arrivano al potere, sommettono gli Stati che rappresentano al servizio delle dittature. In pratica questi mandatari si potrebbero definire rappresentanti di Governi paradittatoriali del castrochavismo che la realtà attuale segnala oggi in Argentina, Messico, Cile, Colombia e Brasile ovviamente. E lo fanno con esplicite azioni di sostentamento, legittimazione e appoggio, non rispettando gli obblighi giuridici internazionali e spesso pregiudicando gli stessi legittimi interessi nazionali.

Governi “democratici” che ignorano sistematicamente crimini che i regimi commettono nell’esercizio del potere attraverso il terrorismo di Stato, crimini di lesa umanità e violazioni istituzionalizzate dei diritti umani, prigionieri o esiliati politici e controllo indefinito del potere per mezzo della violenza e la paura, la persecuzione politica, l’assenza dello Stato di diritto e, in ultima analisi, anche frodi elettorali che permettono la continuazione di questi regimi.

In questo poco rassicurante quadro Lula rimane l’unico capo storico vivo del castrochavismo, creatore del Foro di Sao Paulo con Fidel Castro e del populismo bolivariano con Chávez. In nome del Brasile (e nonostante le giravolte sopra commentate) ha proclamato in Cina l’alleanza mondiale delle dittature contro le democrazie, rispolverando la narrativa anti-imperialista. E ciò costituisce un pericolo per un’istituzione che nel mondo intero sta conoscendo una crisi dalle inaspettate conseguenze future: la democrazia.

Il concetto di politica del bene comune che se sviluppato conseguirebbe un sostanziale benessere dell’essere umano si scontra con queste false democrazie che parlano in nome della libertà del popolo, ma che poi alla fine giocano solo a miglioramenti di caste al potere, supportate spesso da martellamenti mediatici che ripetono all’infinito la canzonetta del liberismo come cancro dei popoli.

Fattore nel quale, specie nel Vecchio continente, si sta inculcando la falsa libertà “green” come il cammino del benessere quando invece ciò porterà inevitabilmente alla sparizione della classe media dalla faccia della Terra: l’America Latina sta già da anni avanti in questa sporca propaganda (anche se basata su elementi diversi da quelli ecologici), ma la speranza è che questa lezione venga capita in tempo dagli elettori e che nel 2024 il suffragio Ue cambi radicalmente gli equilibri (?) politici per non finire in una spirale simile a quella che già da anni si registra nel ricchissimo di risorse ma anche di povertà del continente latinoamericano.

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