Quarant’anni fa, quando nacque, nessuno ci avrebbe scommesso granché. Era cominciato il nuovo decennio, gli anni 80, la musica rock stava rapidamente cambiando, riviste musicali più o meno patinate erano già sul mercato da anni. E questa sorta di “carbonari”, che si ritrovavano a notte fonda dopo l’orario di lavoro nel retro di un negozio di dischi dove volevano andare? Erano i fondatori del Buscadero, nato da una costola del Mucchio Selvaggio che diversi di loro avevano fondato anni prima e sparavano in copertina Bruce Springsteen.



Da allora, sono rimasti fedeli al verbo del rock soprattutto americano, scoprendo via via sempre nuovi talenti o valorizzando grandi figure come David Bromberg, Dylan, Van Morrison (soprattutto…), Grateful Dead, introducendo in Italia nuovi fenomeni come l’alternative country. La cosa più straordinaria è che le suddette riviste patinate sono sparite quasi tutte, hanno chiuso una dopo l’altra, quando Internet ha ucciso il mercato del cartaceo. Quaranta anni dopo invece il Buscadero è ancora qui, uno dei pochi che ha resistito e con vendite di tutto rispetto. Alla fine, quello che paga sono la passione e l’amore.



Con lo scopo di supportare economicamente il Buscadero Day, un bellissimo festival in cui sono sfilate star come Lucinda Williams, Son Volt, Steve Earle e tanti altri, esce adesso un doppio cd inciso appositamente da tanti artisti lanciati in Italia proprio dal Buscadero giornalisticamente e da Andrea Parodi dal punto di vista dei live. Ognuno di loro ha inciso una cover di suo gradimento, e il risultato è delizioso. Generazionalmente, con la sola eccezione di Eric Andersen, la cui carriera iniziò negli anni 60, siamo davanti a ultime leve della canzone d’autore e per molti questo cd servirà per fare nuove interessanti conoscenze. Ognuno troverà quello che gli piace di più, ma gusti a parte, ancora una volta colpisce la serietà, l’impegno, la purezza dei musicisti americani quando si impegnano in operazioni che non hanno dietro budget milionari o la sponsorizzazione di chissà quale media. E’ amore, questo.



Chi scrive, è rimasto particolarmente impressionato dalla sentita cover in duetto di Thom Chacon e Mary Gauthier del classico di John Prine, The Speed of sound of loneliness; dalla bellissima e emozionante Thunder Road per sola voce (e che voce) e pianoforte di Michael McDermott; dalla rilettura in chiave musicale differente del classico Eve of Destruction da parte di Anthony D’Amato  e dalla divertente Simple Twist of Fate, riletta da Brian Mitchell in chiave Dixieland con fiati in gran spolvero, così come lo stesso Parodi con una raffinata e fiatistica in chiave tex-mex  Sonora’s Death Row che diventa, in italiano, Il braccio della morte di Sonora.

Ma è nel secondo cd che scendono in campo i calibri più pesanti, o almeno quelli che a me sono piaciuti di più.

Comincia il già citato Eric Andersen che con la consueta classe cristallina con una sofferente e sinuosa Snowin’ in Raton dell’amico scomparso Townes Van Zandt accompagnato da Scarlet Rivera e dalla brava moglie alla voce; bravissima è poi Annie Keating, che fa diventare il tornado elettrico Like a Hurricane di Neil Young una purissima e intensa versione solo voce e piano. The Orphan Brigade è all’altezza della loro fama di gruppo vocale e acustico elegante, con una magnifica ripresa della splendida True Love Will Find You in the End dello scomparso Daniel Johnston. Strepitoso è poi il chitarrista dei Counting Crows, David A. Immerglück , con un piccante e straboccante rock blues strumentale, dal repertorio di John Fahey. Chiude il disco un altro tributo, e a chi scrive queste righe batte forte il cuore: è Losing End Aagain, di un altro eroe scomparso lo scorso anno troppo giovane, Neal Casal. Ne fa degno omaggio l’amico Johnny Irion accompagnato dalla figlia Olivia Nora Guthrie. Un disco da avere: quando gli italiani non hanno niente da invidiare agli americani, che un disco così speriamo arrivi anche dalle loro parti (un plauso alla Appaloosa Records).