Caro Giorgio,
volevo dirti grazie per il tuo pezzo sul Sussidiario dedicato a Luigino, perché dicendo quello che dici mi hai fatto pensare ad altre cose, alle quali non avevo mai pensato bene.
Ricordando il rapporto che avevi con lui, hai ricordato che l’unità non si fa sulla concordia (né quella caratteriale né quella del pensiero), ma sulla sfida della realtà. A un certo punto ricordi come la realtà, in università, non desse tregua mai, che la provocazione che veniva dai bisogni umani (dall’aiuto allo studio al problema di trovare un letto dove dormire) non avesse fine.
Era proprio così. Il rapporto con Cristo passava attraverso la sfida della realtà. Questo andava oltre il grado di intelligenza di ciascuno. Era facile interpretare il Clu come un dovere da assolvere, nel senso moralistico, ma c’era chi aveva coscienza (magari non sempre e non benissimo) che la vita era la risposta a Uno che si era reso presente e continuava a sfidarci.
Io a quel tempo ero un po’ addormentato. Aderivo sinceramente al movimento, ma ero tutto preso da me stesso, dal sogno di diventare uno scrittore o un artista, e spesso vedevo nello sguardo tuo, di Luigino e di altri una specie di ironica provocazione, come dire: dai, fai questo passo… In fondo, pensavo ancora che il cristianesimo fosse un’ipotesi culturale: la migliore di tutte, ma alla fine uno strumento di analisi.
Poi venne l’incontro con Testori e tutto cominciò a cambiare anche per me. Ma le tue parole su Luigino mi hanno aperto la testa su un pensiero nuovo: che la realtà non è cieca, non è qualcosa a cui ci si rassegna. Che il destino ci cerca in mille modi. Poteva essere l’aiuto allo studio, poteva essere la Cusl, per me è stato l’incontro con Testori.
Non so se mi spiego. Questo Mistero che è presente tra noi ci cerca, cerca ciascuno di noi attraverso la realtà quotidiana, alla quale la compagnia del movimento ci ha sempre destato. E la realtà è più grande di ogni immaginazione. E’ una Presenza che non ci lascia soli.
Questo mi sembra il criterio migliore per affrontare il difficile momento presente. Ci sono tante domande alle quali non so dare risposta, e anche se credo che il Papa agisca per il nostro bene, però se penso a come è cominciato questo casino vedo tante nuvole in cielo. Oppure se penso che quello che ci disse il Papa il 7 marzo 2015 gli veniva da dentro il movimento… E’ come a teatro. Bisogna sempre vedere come le cose cominciano. Da come si apre il sipario si può capire se lo spettacolo sarà bello. Così, se all’inizio c’è poco amore, sarà poi difficile raccattarne un po’ per strada.
Però il pensiero dell’ostinazione con la quale Dio ci cerca nel rapporto con la realtà, così che ci riempie di realtà fino a che non diciamo il nostro «sì», ha gettato, grazie alle tue parole, una luce anche sull’oggi. Può darsi che non capiamo tutto, che non sempre ci sia sincerità, ma quel «sì» è come un pegno: noi abbiamo visto, tanti genitori che hanno perso un figlio hanno visto, tante persone sul letto di morte l’hanno visto.
Parlando di Luigino e del vostro rapporto burrascoso mi hai aperto gli occhi sulla ricchezza smisurata, sulla fiducia illimitata che ci è richiesta nelle circostanze della vita. Veramente, nulla è a caso: questo pensiero mi fa guardare a quello che dovrà accadere (prima di tutto tra noi) senza paura. Le idee (simili o divergenti che siano) non contano. Conta la fede.
Ti abbraccio forte.
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