Quella che da oltre trent’anni l’arcivescovo Anastasios Yannoulatos svolge in Albania è una missione tutt’altro che facile che parte dal preciso obbiettivo di diffondere sul territorio albanese – un tempo martoriato dalla difficile persecuzione religiosa operata dal Regime Comunista – una nuova visione della fede al fianco degli ultimi: il suo primo arrivo a Tirana risale all’ormai lontano luglio del 1991 quando all’età di 61 anni Anastasios Yannoulatos ottenne l’importante incarico di esarca patriarcale che venne poi più tardi trasformato nell’ancor più prestigioso ruolo di arcivescovo che fino a quel momento non ha mai – ovviamente – abbandonato.
Partendo proprio dall’arrivo di Anastasios Yannoulatos in Albania sono le sue parole – “se hai fede resta e lotta, se non ce l’hai torna a casa” – a restituirci la misura di quella complessa missione: all’epoca – dopo la caduta del regime – sul suolo albanese erano rimaste solamente pochissime delle chiese cristiane costruite nei secoli procedenti (più di mille e 600 furono brutalmente distrutte per volere di Enver Hoxha); così come dei 440 sacerdoti censiti dopo la fine della Seconda guerra mondiale, ne erano rimasti in vita solamente 22.
Le persecuzioni comuniste in Albania e la complessa missione dell’arcivescovo Anastasios Yannoulatos
Nell’Albania precedente all’arrivo di Anastasios Yannoulatos – d’altronde – era stata fermamente bandita ogni forma di religione diversa da quella che l’allora patriota Vaso Pasha chiamò “albanismo” e non a caso il già citato primo ministro – ovviamente comunista – Enver Hoxha definì la ‘sua’ Tirana “il primo stato ateo al mondo” arrivando addirittura ad inscrivere nella costituzione il principio secondo cui nessuna religione veniva riconosciuta dallo stato a favore di una “visione scientifico-materialista del mondo“.
Un principio – quello che da anni Anastasios Yannoulatos prova a combattere – che oltre ad essere sancito in Costituzione venne anche iscritto sul suolo albanese con il sangue di chiunque provasse ad opporsi con quella che potremmo tranquillamente definire una delle più crude persecuzioni religiose del tardo novecento – non si conta il numero di monasteri, chiese e moschee distrutte, e neppure quello di preti e rappresentati religiosi incarcerati, torturati, uccisi o deportati – ed è proprio in questo frammentato contesto che si è inserita l’opera fondamentale di Anastasios Yannoulatos di restituire un vigore religioso ad un’Albania che ancora oggi tratta la fede come un vero e proprio peccato.