Incontriamo Giovanni Scifoni, artista a tutto tondo: attore, regista, scrittore, autore, con studi di pianoforte e canto, che porta al Meeting per l’Amicizia tra i popoli il suo ultimo spettacolo, Anche i Santi hanno i brufoli. Un personaggio simpatico con una verve romanesca, ma con un retroterra professionale e con una cultura solida.



Sei diventato famoso con la tua serie web La mia Jungla (2020), ma ti eri presentato nel 2017 con le clip Santo del giorno, che di fatto sono state quelle che ti hanno lanciato connotandoti con l’aureola di artista cattolico, non certo un cosa di cui vantarsi di questi tempi

Dalla fine del ‘700 la Chiesa ha smesso di avere il ruolo di principale centro culturale nel mondo, da lì in poi scrittori, artisti e autori cristiani sono stati visti come personaggi che stavano, diciamo, nel secolo sbagliato. La secolarizzazione dell’Europa ha influito in questo e la Chiesa ha smesso insomma di essere mecenate. Tutti gli artisti dal ‘500 in poi sposavano di fatto il loro sponsor, con il capitalismo e la secolarizzazione questo si è ribaltato. Dagli anni ’60 la cultura italiana è stata in mano al Partito comunista con un flusso di produzioni artistiche aderenti alla visione ideologica che è diventata dominante. Gli artisti che invece hanno continuato nell’alveo cattolico se sono trovati in un secolo sbajato. Più che essere osteggiato per la mia appartenenza cattolica, non ci sono state molte occasioni, dovute appunto al non finanziamento di opere e cultura.



Leggendo il tuo curriculum sono rimasto colpito perché hai iniziato con il teatro la tua carriera artistica e stai continuando, mentre attualmente manca negli attori, soprattutto quelli televisivi, la preparazione e la cultura che un attore di teatro assimila. 

Nel teatro c’è oggettivamente un sapere e una cultura che bisogna approfondire E che non c’è da nessun’altra parte. Solo leggendo Pirandello, ad esempio, si riesce ad avere una visione della vita e del mondo diversa e quindi va poi in scena un’operazione culturale potentissima, come con l’esperienza del teatro classico. Imparare da questo per noi artisti è necessario, è una fatica maggiore, ma non è una perdita di tempo. 



Com’è nata l’idea del Santo del giorno?

L’idea mi è venuta parlandone con Paolo Ruffini che ha molto insistito. Non ero molto convinto, ho cominciato a registrarne uno al giorno e all’inizio la serie è scivolata nel marasma del web. Mia moglie era molto contraria, diceva che perdevo un sacco di tempo; perciò, registravo il santo del giorno spesso di notte. Non era una pillola agiografica o l’analisi della vita del santo, partivo dallo spunto di un fatto anche sconosciuto della sua vita. Da lì è nato il format La mia Jungla che ha avuto un enorme successo (lo dice con modestia, ndr), eravamo nel periodo del lockdown, ed è stata acquistata da Rai Play. Lì si è coinvolta anche la famiglia, mia moglie per prima e dopo anche i figli, spesso erano loro a mettersi in mezzo. È diventato di fatto un racconto di familiare diciamo rapportato, come avviene nella vita di tutti noi.

Sei stato molto coraggioso… Qual è il tuo Santo preferito?

Mi piace sicuramente San Giovanni di Dio, nessuno sa che gli ospedali sono stati creati da un vecchio pazzo, completamente fuori di testa, fuori nel senso patologico, una persona che aveva realmente dei problemi psichiatrici. Eppure, un uomo così che non aveva neanche chissà quali particolari talenti è riuscito in un’impresa incredibile e questo è una fonte di speranza per tutti noi perché tutto è nelle mani di un Altro. E con Dio ce la possiamo fare anche noi. 

Porti al Meeting lo spettacolo Anche i Santi hanno i brufoli. Parlacene un po’.

Lo spettacolo è portato in scena in modo giullaresco, come si faceva nel Medioevo: io saltello di qua e di là accompagnato da due bravissimi musicisti, Davide Vaccari e Maurizio Picchiò. Racconto la storia di alcuni Santi particolari che hanno segnato la mia vita. Uno appunto è San Giovanni di Dio, poi Sant’Agostino, Santa Francesca Romana e San Giovanni Bosco. Racconto come anche i Santi hanno i brufoli, vale a dire delle imperfezioni, che si riferiscono sia all’inestetismo, cioè alla loro vita che non è sempre così bella e pulita come idealmente si potrebbe pensare, sia al fatto che si possono considerare come degli adolescenti, cioè persone molto spesso senza le idee così chiare, che non sono come quei personaggi di successo a cui facciamo riferimento nella società di oggi e che vengono prese come punto di riferimento. Sovente il Santo è come un adolescente che fa le cose che appaiono senza senso, ma si fida di Dio, si fida della chiamata che ha ricevuto e compie un’opera, che certamente con le sue sole forze non sarebbe in grado di compiere.

Insomma, parlare dei Santi vuol dire dare un messaggio anche rispetto alla vita di oggi.

Oggi c’è una mentalità per cui per non avere problemi occorre cercare di avere uno stile di vita come quello delle persone di successo. Il Santo è come se dicesse che questo metodo non funziona, perché non ha funzionato nemmeno per lui. Leggere le storie dei Santi è veramente un un’esperienza che aiuta a rendersi conto di come la vita sia molto diversa da come i grandi guru di oggi vorrebbero raccontarla. 

(Gianni Foresti)

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