Fra coloro che sono finiti negli incartamenti di Pandora Papers, una serie di documenti che rivelerebbero l’esistenza di conti in paradisi fiscali da parte di celebrità e vip, vi sarebbe anche David Tassillo, co-proprietario del famoso sito per adulti Pornhub, portale dal fatturato di ben 97 miliardi di dollari annui. Secondo quanto si legge nell’inchiesta, Tassillo sarebbe registrato in due società del Delaware (Stati Uniti), con conti presso l’isola Anguilla e nelle Isole Vergini Britanniche, così come riportato dal Toronto Star citato dal Daily Mail.



Il quotidiano canadese è infatti entrato in possesso de circa famosi 12 milioni di documenti in cui vengono elencati nomi, cognomi e conti di celebrità, politici, sportivi e autorità varie. Secondo quanto emerge, Tassillo era l’unico proprietario delle società Appscrutiny LLC e Appiation Management LLC, entrambe registrate nel Delaware, ma anche di Singleron Ltd, nelle Anguille, e di Teckkix nelle Isole Vergini britanniche. Lo stesso co-proprietario di Pornhub, secondo le “accuse”, avrebbe utilizzato azionisti e vari manager per creare le società di cui sopra, e celare così la propria identità, ma l’accusato ha rimandato al mittente ogni accusa, e parlando con i microfoni del The Star ha spiegato: “Ogni aspetto dell’attività, compresi gli obblighi fiscali, è stato gestito in conformità con la legge”.



DAVID TASSILLO DI PORNHUB NELL’INCHIESTA PANDORA PAPERS: ECCO LA RISPOSTA DEL MANAGER

Tassillo ha inoltre spiegato che queste società erano state create per lavorare su una tecnologia che identifica e pulisce la rete dagli account fasulli “Per supportare l’attività, abbiamo fondato società nel Delaware, come molte aziende Fortune 500, nonché Anguilla e le Isole Vergini britanniche”, progetto conclusosi nel 2018 e che avrebbe fruttato, sempre secondo lo stesso miliardario, circa 100mila dollari.

Non è la prima volta che il nome di Pornhub finisce in qualche inchiesta visto che lo scorso giugno era stata intentata una causa nei confronti del portale vietato ai minori a seguito di video pubblicati online senza il consenso dei protagonisti in cui si vedevano stupri e pedopornografia, spesso e volentieri azioni di revenge porn. 34 donne hanno così citato in tribunale Pornhub, di cui 14 minorenni all’epoca dei caricamenti non consensuali dei video.