Dopo quasi due anni dallo scoppio della pandemia c’è ancora una domanda che non ha trovato risposta, l’interrogativo principe che viene dibattuto giorno dopo giorno tra scienziati ed esperti del settore: com’è nato il Covid-19? In tanti hanno provato a dare una risposta, diversi studi hanno ipotizzato prima che fosse scappato da un laboratorio, altri invece si trattasse di un salto di specie. Ad essere di questa idea anche Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova, che ospite della trasmissione Carta Bianca in onda su Rai 3 ha spiegato la sua posizione.
“Non escludo ci possa essere stato un salto da animale a uomo, non esistono elementi per affermare che il virus sia stato geneticamente modificato. Potrebbe essere stato isolato e tenuto in laboratorio sì, ma ritengo estremamente difficile che l’infezione sia partita da lì perché quelli che vengono tenuti in laboratorio sono difficili da prendere. Capirne l’origine lo considero irrilevante e non fondamentale, perché non ci dà qualcosa in più per controllarlo” ha detto Crisanti. L’accademico ha poi aggiunto: “Per quello che abbiamo in mano possiamo scoprire però il processo evolutivo del virus ed eventualmente capire quanti salti ci siano stati. Il repertorio di virus animale è enorme, ci sono tra i 5 e i 10 milioni di virus di cui con molti non siamo mai entrati in contatto“.
Crisanti: “Migliorare sistemi di allerta”
Rispondendo alle domande della conduttrice Bianca Berlinguer, Andrea Crisanti ha poi detto la sua sulla possibilità che virus potenzialmente pandemici possano nascere anche dagli allevamenti intensivi sparsi in tutto il mondo: “Tutti gli allevamenti intensivi richiedono trattamenti per diminuire le malattie perché queste creano danno economico, quindi l’uso degli antibiotici serve a questo così come quello degli antiparassitari. Non credo che le minacce pandemiche vengano da lì, penso più da contatti col mondo selvatico”
Quindi il divulgatore scientifico ha ribadito: “Bisogna cercare di non invadere nicchie ecologiche perché ci sono ecosistemi e animali con i quali non veniamo a contatto e che possono ospitare virus e batteri che possono essere anche patogeni per l’uomo. Il modo migliore per diminuire la pandemia è limitare i contatti con gli animali selvatici, i wet market sono da abolire ma non possiamo imporre tutto ciò alla Cina da qui. Se c’è una cosa che ci ha insegnato la pandemia è che dobbiamo migliorare i sistemi di allerta“.