Andrea Gori, primario di Malattie infettive presso il Policlinico di Milano, ha concesso una lunga intervista a “Il Corriere della Sera”, nella quale ha commentato con soddisfazione gli zero decessi in Lombardia: “Mi sono commosso pensando alle centinaia di persone che ho visto morire davanti a me. Per chi ha vissuto quotidianamente la morte, è stato un momento molto simbolico”. Il ricordo più brutto del primo lockdown è connesso al momento in cui è stata trasformata prima una parte e poi tutta la sala d’attesa del pronto soccorso in ospedale. Un salone enorme, ha detto Gori, nel quale non c’era lo spazio per camminare tra letti e barelle e tutti indossavano il casco: “Ricordo come fosse ora il momento in cui finiscono i bocchettoni per l’ossigeno: ci attaccavamo a quelli delle ambulanze”.



Qualche giorno fa è stato festeggiato dai medici e dallo staff del Policlinico il momento delle dimissioni dell’ultima persona intubata, con l’orgoglio di aver gestito i 500 malati più gravi. “Ci siamo arrivati durante le polemiche sui soldi spesi male, ma c’è una cosa che mi ha commosso: di solito nei reparti prevale il ragionamento di chi è più bravo. I rianimatori sono abituati al faccio tutto io. Dentro lì si lavorava cercando di imparare dalle esperienze degli altri”.



ANDREA GORI: “VACCINATEVI”

Secondo il professor Andrea Gori, intervistato da “Il Corriere della Sera”, allo stato attuale delle cose, abbiamo più di un motivo per credere che d’ora in poi questa bassa o nulla mortalità possa consolidarsi, poiché aver superato l’80% di over 75 a cui sono state somministrate due dosi è molto importante per mettere in sicurezza il presente. Ovviamente, però,  la vittoria sarà tale quando il dato dei morti si consoliderà davvero e il primario si aspetta che nei prossimi giorni questo numero rimanga stabile.

La partita sarà chiusa solo nel momento in cui tutti si vaccineranno: “Ci sono persone a rischio che non si stanno vaccinando, ma c’è una cosa su cui davvero dobbiamo fare l’ultimo sforzo e riguarda tutti i giovani”. L’infettivologo teme non si vogliano vaccinare, invece, a suo dire, devono sentire la responsabilità e serve una comunicazione diversa rispetto a quella fatta con gli anziani. “Non si tratta di un vantaggio individuale, ma del rispetto della comunità e di quei familiari che non vorremmo più che tornassero a rischio”, ha chiosato.