Andrea Lucchetta si racconta in una lunga intervista per Il Corriere della Sera, confermando la sua grande simpatia e svelando qualche aspetto curioso della sua vita. Si comincia subito in modo frizzante, quando gli spiegano che questa intervista segue quella a Gianmarco Pozzecco: “Ah, ecco. Dal mattacchione del basket al “Crazy” del volley: giusto?”, commenta Andrea Lucchetta che poi si presenta come “Andrea “Lucky” Lucchetta, ex pallavolista, campione del mondo e d’Europa ma non campione olimpico. Frizzantino come il Prosecco, gambe lunghe come il radicchio trevigiano spadone, ma soprattutto dotato di una capigliatura “trasversale” che attraversa le varie ere e aiuta a modificare il linguaggio”. Lucchetta rivela che non spende nulla dal parrucchiere (“faccio da solo”) e precisa che il suo taglio di capelli non è una cresta: “Ricorda il modo in cui in barca si devono prendere le onde: di “mascone”, quindi trasversalmente. La passione per il mare mi ha ispirato”. Lucky rivendica poi il diritto di giocare ad ogni età: “Non bisogna mai smettere di giocare. Nel lockdown sono diventato lo “smart coach” del mio bambino Spikerman, che indossava la maschera di Spiderman. Posso giocare con i Lego, con le macchinine e i modellini. E non diventerò mai un pirla”.
ANDREA LUCCHETTA, I BAMBINI E IL VOLLEY
Il legame con i bambini è tanto grande che Andrea Lucchetta è diventato un cartone animato, con il progetto Spike Team che ha l’obiettivo di “attivare sette valori: forza, coraggio, lealtà, equilibrio, sacrificio, tenacia e umiltà. Quando hai la consapevolezza che tutti i valori sono in te, sei pronto a vincere. Infatti gli Spike Team vincono solo dopo 78 puntate». Il valore della pallavolo secondo Lucchetta è “capire l’importanza della condivisione e dell’interazione, donando sé stessi prima di poter ricevere”. Non a caso rivela: “Avrei potuto fare il missionario. Però con la capacità, alla don Bosco, di portare un certo tipo di segnali ai bambini”. Lucchetta beve “però con cosapevolezza”, non fuma e rivela una ‘marachella’ del 1990, quando tirò giù il costume in piscina al c.t. Julio Velasco: “La prese di pancia… Nel senso della botta sull’acqua”. Andrea Lucchetta è stato anche cantante, portando così il volley anche in altri ambienti e commenta così l’evoluzione del suo sport: “Ho vissuto l’era del bim bum bam… Adesso è sbreng, sdong, sbam: poca tecnica e tanta potenza. Mi sono ritrovato a vedere la finale europea 1989: io, centrale, ho avuto quasi gli stessi punti e gli stessi cambi palla di Zorzi, che giocava opposto. La fase-punto concretizzava un lavoro certosino; ora, invece, è tutto sincopato”.
LUCCHETTA, LA GENERAZIONE DI FENOMENI E LA PESCA
Era la leggendaria Generazione di Fenomeni, che Andrea Lucchetta descrive così: “Una generazione di minatori che voleva scavare l’ovvietà e la scarsa capacità di valorizzare il made in Italy. C’era un totem, nello spogliatoio, ed è stato riproposto nel tempo: ecco perché abbiamo danzato sul tetto del mondo”. Con il successo ai Mondiali 1990 la pallavolo fece breccia: “Ho conosciuto la notorietà, sono arrivati gli spot con Scotti e la Carlucci: mi riconoscevano gli extracomunitari che vendevano tappeti dentro la metropolitana e, uscendo dai palazzetti dello sport, noi del volley eravamo come i Take That”. Lucchetta presenta così il suo ruolo di centrale: “Entrare nella testa del palleggiatore, gestire la tattica a muro ed essere credibile”. Non teme di diventare vecchio (“rintronato lo sono già”), lavora a un altro cartone animato (Superspikeball) per i bambini che seguono RaiYoyo e ama la pesca che “permette di gioire di quello che il mare offre, anche come panorama”. Come commentatore televisivo “ho cambiato il linguaggio tramite le mie metafore”. Lucchetta è appassionato di Ufo e fantascienza: “Ho avuto l’illuminazione con Guerre Stellari e con la serie Shado, quella del comandante Straker. Anche l’oro olimpico è un Ufo? Eh sì, è… “alienante”: magari un giorno lo vinceremo, ma in palestra dovremo “alienarci” tanto…”.