Andrea Vianello è ospite di “Finalmente domenica” per la Giornata del Malato. Il giornalista e conduttore ripercorre la sua esperienza e la sua lunga convalescenza dopo un ictus subito qualche anno fa, nel 2019: “Per fortuna mia moglie ha fatto la cosa giusta ovvero chiamare il 118. Loro sono stati bravi, mi hanno fatto parlare e hanno capito il problema. Mi hanno portato nell’ospedale che aveva le strutture adatte, mi hanno operato prendendosi anche i rischi. Il medico che mi ha operato ora è un mio grande amico”. Dopo l’intervento, Andrea Vianello, come prima cosa ha pensato: “Che bello, sono vivo”, anche se ricorda poco di quei momenti.

“Ho sentito che ero vicino a perdere quella vita lì. Poi ho visto che le parole non uscivano, è venuto il mio medico che mi ha detto proprio che avrei dovuto fare un lungo percorso e non era sicuro che andasse bene. E quindi ho avuto un momento in cui ho pensato: ‘E adesso cosa faccio?’ – racconta ancora – Io sono stato sempre bravo con le parole, la parola era la mia identità. Ho avuto paura per loro, non sapevo come avrei potuto aiutarli. E all’inizio non volevo vederli, ho fatto un errore, ho avuto paura di farmi vedere debole”.

Andrea Vianello e la malattia: “Ho deciso di raccontare l’ictus”

Andrea Vianello, a “Finalmente Domenica”, ripercorre i terribili momenti dopo l’ictus e l’operazione che gli ha salvato la vita: “Mi sentivo come se fossi diventato un mostro. Vedendomi ero l’uomo di prima ma avevo paura che gli altri capissero che le mie parole erano spezzate. Non volevo che i miei figli mi vedessero, ho fatto un errore. Ho capito che loro avevano pensato che il papà non ci fosse più, invece io c’ero anche se ho cercato di far capire loro che le parole non sarebbero state quelle giuste in quel momento. Questa cosa mi ha cambiato proprio l’approccio, ho pensato che dovevo smetterla di nascondere. Io avevo pensato anche di andarmene in un posto lontano”.

Il conduttore, ancora, spiega: “Ho capito che avevo bisogno di stare nel mondo, con gli amici, la famiglia, gli affetti… Senza il percorso fatto, io non sarei qui a parlarne ora. Poi ho voluto condividere pubblicamente questo percorso. L’ictus è la seconda causa di morte, la prima di disabilità. Quando ho fatto riabilitazione, mi sentivo parte di una comunità e per questo ho deciso di raccontare questa cosa, un pezzo della nostra vita“.