Come un fulmine a ciel sereno l’annuncio dato oggi da Andrea Vianello che arriva a ricomporre il “quadro” interrotto bruscamente lo scorso febbraio mentre l’ex direttore di Rai 3 stava conducendo il programma “Rabona”: «il 2 febbraio dello scorso anno ho avuto un ictus, ho subito un’operazione d’urgenza, e quando mi sono risvegliato non riuscivo più a parlare». Il messaggio apparso oggi su Twitter era però unito ad una foto, un nuovo libro dove il giornalista Rai racconta nel dettaglio cosa è successo in questo terribile 2019 per lui: un calvario durato un anno che ora emerge in superficie ma che fa comprendere il perché di quel “mistero” in cui si era avvolto il suo stesso programma quando venne interrotto lo scorso febbraio, parlando di «infortunio» per il conduttore. La realtà era ben più grave: «Proprio io, che sapevo solo parlare: non potevo dire nemmeno i nomi dei miei figli. Questo libro è stata la mia terapia e la mia speranza», scrive ancora Vianello ai suoi followers, dando appuntamento il prossimo 21 gennaio in tutte le librerie con il saggio “Ogni parola che sapevo”. È proprio la perdita della parola, della capacità di comunicare più diretta che ognuno di noi dà come sempre per scontato di cui Andrea Vianello parla non solo nel libro ma nella testimonianza che ora è pronto a condividere con il suo pubblico. Da quel 2 febbraio 2019 il giornalista è letteralmente sparito dal piccolo schermo e si è invece solo notato sui social dove ha continuato a commentare l’attualità, la politica e anche lo sport, da fanatico milanista come lui stesso si definisce.



ANDREA VIANELLO CHOC: IL CALVARIO NEL NUOVO LIBRO

«La vicenda che Andrea Vianello si è deciso a raccontare – si può leggere nelle note di copertina, come anticipato da Repubblica – è la storia di un ictus, del suo ictus. Nel caso specifico si è trattato di un’ischemia cerebrale che ha colpito il lato sinistro del cervello, causata da una dissecazione della carotide. Una brillante operazione d’urgenza, nonostante una gravissima complicazione sul tavolo operatorio, è riuscita a tenerlo nel mondo dei vivi, ma nulla ha potuto rispetto al danno che si era già propagato: di colpo le sue parole erano perdute»; Vianello racconta quanto fu difficile non riuscire a comunicare con i suoi cari, prima ancora dell’ansia per un lavoro che avrebbe potuto terminare definitivamente. «Nella sua testa si stagliavano chiare e nette come sempre, ma all’atto pratico uscivano in una confusione totale, fonemi a caso, ingarbugliate e incomprensibili. Una prospettiva terribile per chiunque, ma ancora di più per lui, che delle parole ha fatto un’identità e un mestiere, quello di giornalista televisivo», continua la stessa presentazione del libro. La storia di un inferno dal quale una speranza ad un certo punto si è stagliata, flebile all’inizio ma presente: «Questo libro – prosegue la nota di stampa – racconta e dimostra che le parole che Vianello sapeva sono state in qualche modo tutte recuperate. Ma l’aspetto interessante, che fa della sua testimonianza una storia da leggere, è che a quelle che già sapeva Vianello ne ha aggiunte di nuove. Le parole che raccontano il calvario personale di chi scopre la sua vulnerabilità fisica, quelle che descrivono la brutta sensazione di ritrovarsi esposto in poche ore dai riflettori di un studio tv ai meandri inestricabili della sanità pubblica». Ora sta bene anche grazie a quegli affetti che mai sono venuti meno in questo lungo calvario durato un anno: «un libro pieno di speranza che racconta il quotidiano ma inevitabile coraggio di chi si trova d’improvviso ad affrontare una lunga e spesso solitaria traversata del deserto. E che nonostante tutto riesce, forse, a recuperare la sua parte migliore».



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