I resti umani trovati a Roma pochi mesi fa, che si ipotizzava potessero appartenere alla 28enne Andreea Rabciuc scomparsa il 12 marzo 2022 in provincia di Ancona, non sono suoi e ora è caccia all’identità della vittima. Secondo quanto riportato dal settimanale Giallo, si tratterebbe di una giovane donna, madre di uno o più figli, e alcuni segni evidenziati sulle ossa avrebbero portato a galla dettagli potenzialmente utili al riconoscimento. La madre di Andreea Rabciuc aveva già escluso categoricamente che potesse trattarsi della ragazza le cui sorti, oltre un anno dopo la misteriosa sparizione, sono un vero e proprio rompicapo.



Unico indagato nell’inchiesta sul giallo di Andreea Rabciuc resta il suo fidanzato 43enne, Simone Gresti, iscritto per l’ipotesi di sequestro di persona e da sempre dichiaratosi estraneo alla sparizione della 28enne. L’uomo ha sempre respinto un coinvolgimento nella vicenda sostenendo che, il giorno della scomparsa, Andreea Rabciuc si sarebbe allontanata volontariamente dal casolare di Montecarotto in cui aveva trascorso la serata con lui e due amici. “Non le ho fatto del male“, ha affermato Gresti davanti alle telecamere difendendosi dai sospetti avanzati dalla famiglia della giovane. Secondo la madre di Andreea Rabciuc, fidanzato e amici saprebbero molto più di quanto hanno raccontato finora.



Il giallo dei resti trovati a Roma: non sono di Andreea Rabciuc, cosa dicono i segni sulle ossa

I segni evidenziati dagli inquirenti sulle ossa rinvenute a Roma pochi mesi fa, e inizialmente ritenuti potenzialmente riconducibili ad Andreea Rabciuc, avrebbero ricalcato un profilo sommario dell’identità della vittima. Le indagini hanno infatti escluso che si tratti della 28enne di Jesi scomparsa il 12 marzo 2022 dalla zona di Montecarotto, e convergerebbero su un orizzonte investigativo: i primi risultati degli accertamenti sui reperti avrebbe indicato che si tratterebbe di una giovane madre dall’identità ancora ignota.



Le analisi condotte sul bacino dello scheletro ritrovato nel territorio della Capitale avrebbero evidenziato che la vittima ha avuto uno o più figli, ma è mistero fitto sull’epoca della morte. Alcuni oggetti accanto ai resti potrebbero contribuire alla datazione del decesso, compresa una mascherina che terrebbe aperta l’ipotesi di una morte risalente al periodo della pandemia. Ci sarebbe però un elemento ancora più importante a fare da possibile chiave per una svolta: secondo quanto riporta Giallo, sul lato sinistro del cranio sarebbero state trovate delle placche mandibolari, segno che la persona deceduta e trovata ormai scheletro avrebbe subito un intervento. Il prossimo step delle indagini passerà per l’esame del Dna utile alla comparazione con i familiari di altre donne scomparse nell’area negli ultimi due anni. La speranza è che la scienza restituisca un nome e un volto alla vittima.