La conoscenza tra Andreotti e De Gasperi, iniziata in biblioteca nel 1940, è diventata un’assidua frequentazione e l’impegno politico del giovane, dopo la liberazione di Roma nel giugno 1944, è oramai divenuto stabile. Oltre agli anni nell’organizzazione giovanile, il leader della Dc lo designa come membro della Consulta nazionale, la camera non elettiva con funzioni consultive in vigore dal settembre 1945 al giugno ’46 e da quel mese il non ancora trentenne Giulio Andreotti è eletto all’Assemblea costituente nei ranghi della Dc.



Una carriera strepitosa e velocissima, sempre al fianco dell’uomo che dal 10 dicembre 1945 come presidente del Consiglio dei ministri ha in mano le sorti dell’Italia. Si danno del “lei”, come traspare da alcune lettere dell’Archivio, ora depositato alla Fondazione Sturzo, anche se lavorano a stretto contatto.



È la parola di Giovanni Battista Montini a far propendere la scelta di De Gasperi alla carica di sottosegretario alla Presidenza, tanto da lasciare di stucco tanti altri pretendenti, che anche più anziani hanno meriti ed esperienze maggiori.
I gabinetti De Gasperi vanno in crisi e si riformano, ma Giulio Andreotti rimane al suo posto dal IV all’VIII governo, ininterrottamente, sino alla fine dell’esperienza governativa degasperiana.

Quello in cui entra è il primo governo non unitario, la prima volta che comunisti e socialisti sono all’opposizione e inizia in quei mesi la vera contrapposizione della Guerra fredda tra Dc e Pci, che si attenuerà solo nel 1976 con l’esperienza dell’Unità nazionale, voluta da Aldo Moro e realizzata da quel giovane sottosegretario, oramai divenuto un navigato uomo di Stato. In quell’inizio di giugno 1947 Andreotti trasloca dalla sede del quotidiano Il Popolo al Viminale e l’attività politica si sposta prevalentemente da Montecitorio alla Presidenza del Consiglio.



In quell’anno si approva la Costituzione e nell’aprile successivo le elezioni rappresentano l’apocalittica vittoria della Dc sul Fronte Popolare. Giulio Andreotti è eletto come secondo nel Lazio, dopo De Gasperi, con 169mila voti e uno di questi è proprio del presidente. “Era il più bel dono che potesse farmi: i voti infatti non hanno solo una valenza quantitativa”. Le deleghe che il sottosegretario riceve sono impegnative: Turismo e spettacolo e lo Sport, Affari regionali, Rapporti col Parlamento, Riforma dell’amministrazione, Revisione delle Epurazioni.

Le incombenze aumentano in agosto, quando De Gasperi si reca a Sella di Valsugana per la vacanze, mentre Andreotti rimane a Roma. Una fitta corrispondenza a mano e telex documenta le comunicazioni del sottosegretario che informa il suo superiore su tutte le vicende politiche ferragostane. In una lettera del 1951, trovandosi a letto per un’indisposizione un po’ più lunga del solito, il presidente scrive: “oggi è veramente bellissimo e mi rincresce di confessarlo a lei che sta al caldo, ma per consolarla Le dirò che godo del fresco e della vista del bosco stando a letto, ove mi trovo dal giorno del mio arrivo (…) Sono sempre grato di ogni particolare che mi date perché il mancato svago delle gite mi tiene sempre in faccia ai guai e ai problemi”.

In De Gasperi visto da vicino, pubblicato nel 1986, Andreotti parla di una “lunga consuetudine di vita” con il presidente durata quasi 10 anni, in cui oltre alla comune attività politica sono condivise anche molte vicende personali, sempre tuttavia non oltrepassando lo soglia della discrezione e tenendo separato il limite dell’intimità familiare.

Dopo le sconfitte politiche del 1953 e del 1954, il ritorno alla segreteria della Dc, il Congresso di Napoli con l’ascesa d Fanfani, la salute di De Gasperi peggiora e a luglio è decisa la partenza per Sella, prima della fine della sessione parlamentare. Andreotti si trova alla stazione Termini “in quel piccolissimo gruppo che con il cuore che batteva forte lo vide partire, raccogliendo un sorriso e parole d’affetto che ci sforzammo di credere che non fossero di estremo congedo”.

Chi è stato De Gasperi per Andreotti? In una trasmissione radiofonica del 1999 l’ormai senatore a vita mette in evidenza la religiosità del “suo” presidente. “Era un uomo di grandissima fede, di costumi integerrimi, di correttezza straordinaria”. Tuttavia non ostentava la sua religiosità, “a messa andava per conto suo, spesso con la famiglia si recava a S. Pietro, perché abitava lì vicino (…), ma non era presente nelle manifestazioni religiose collettive”.

Spiega ancora Andreotti che la famiglia è un punto di riferimento essenziale, di cui si può capire il valore nel libro Cara Francesca. Lettere, la raccolta di testi del fidanzamento e dei primi anni del matrimonio, tra il 1921 e il 1928, pubblicati nel 1999, in cui emerge un De Gasperi del tutto ignoto. Nella citata trasmissione “Alle 8 della sera”, Andreotti ricorda una frase dell’armatore Achille Lauro: “Si dice sempre bravo De Gasperi! Bravo De Gasperi! Ma uno che arriva a settant’anni e non ha messo insieme un patrimonio, vuol dire che non è bravo”. La modesta casa di via Bonifacio VIII, come quella ancora più modesta di via Montesanto, dimostrano per Andreotti la correttezza morale del suo mentore, del maestro di vita, “dell’uomo irripetibile”.

Commovente, infine, il testo scritto per il settimanale Oggi e uscito il 21 agosto 1954 , due giorni dopo la scomparsa dello statista trentino. L’ultima lettera di De Gasperi ad Andreotti risale al 14 agosto, una settimana prima della morte e recita: “Caro Andreotti, mi felicito per il tuo volumetto interessante e garbato, che ricorda antichi e ancora candidi tempi. L’ho letto in un fiato, perché la cura mi costringe a molta immobilità. Sarà un successo, certamente. Mi rallegro per lei e meno per l’editore che da quando imperversa sul Borghese è molto antipaticamente ostile. Molti auguri per il suo viaggio in America. Già, avremmo molte cose da dirci cogli americani, ma pare che non riprendiamo più il filo. Mi creda suo. Aff.mo De Gasperi”.

Un cedimento verso il “tu”, di un combattivo e morente De Gasperi, esprime una paternità umana e politica del più grande statista italiano verso quel giovane romano, scovato per caso nella biblioteca vaticana.

(2 – continua)