IL “CASO TRANS” ESPLODE (ANCORA) ALLE OLIMPIADI PARIGI 2024: IL RITIRO DI ANGELA CARINI CONTRO IMANE KHELIF E IL MATCH NON “NORMALE”

Gli ottavi di finale di pugilato, categoria pesi welter femminile, alle Olimpiadi Parigi 2024 avevano gli occhi del mondo addosso e già per questo il “caso” era inevitabile: Angela Carini dopo pochi secondi – e dopo un destro incassato sul naso molto dolorante – si è ritirata contro Imane Khelif, l’atleta algerina che da giorni tiene banco sul suo corredo cromosomico, le sue sembianze maschili e i suoi documenti tutt’altro che “chiari”. Ed ecco che il caso mondiale è presto che servito su piatto d’argento: la pugile “intersex” – erroneamente definita transgender negli scorsi giorni – torna nella bufera, così come l’azzurra Angela Carini che ritirandosi ora dovrà “difendersi” dalle accuse che già stanno piovendo sul voler buttare in caciara un caso olimpico che sconfina oltre lo sport.



Imane Khelif si definisce “né donna né uomo” e secondo i suoi documenti è nata femmina, ma con cromosomi XY e perciò maschili: si tratterebbe di un caso tipico di “Variazione delle Caratteristiche del Sesso”, sul quale il Comitato Olimpico ha effettuato un test sui livelli di testosterone giudicandoli adatti per una competizione femminile (mentre ad esempio agli ultimi Mondiali di Boxe era stata esclusa dalla organizzazione mondiale di pugilato). Ad aggiungere “problematica” al tema già spinoso il fatto che in Algeria è vietata per legge il cambio di genere nei documenti: difficile dunque capire se si tratti di una donna con corredo cromosomico “intersex” oppure nato uomo con operazione successiva (e a quel punto trans con variazione cromosomica annessa).



COSA HA DETTO CARINI, PERCHÈ SI È RITIRATA E PERCHÈ IL TEMA “INTERSEX” È TUTT’ALTRO CHE DI SEMPLICE RISOLUZIONE (NON SOLO PER IL PUGILATO)

Insomma, si capisce già come un caso di ritiro sportivo porta dietro tutt’altro e scatenerà una discussione mondiale su quali “paletti” (e se metterli) esisteranno d’ora in poi nelle varie competizioni sportive: da un lato le giuste rivendicazioni di Imane Khelif che – affermando di essere nata così – viene sottoposta ai test sul testosterone e se compatibili allora può gareggiare (come avvenuto alle Olimpiadi Tokyo 2021 quando poi perse ai quarti di finali contro l’irlandese Kelly Harrington). Di contro, Angela Carini rivendica il dolore sentito dai primi pugni sferrati oggi da Khelif, che negli anni potrebbe aver ancora accresciuto (senza dolo) il grado di testosterone, tanto da essere esclusa dagli ultimi mondiali.



«Ho preso il secondo colpo al naso e mi ha fatto malissimo il naso, non me lo sono sentita di continuare», ha detto nella prima intervista dopo il ritiro con braccio alzato l’azzurra Carini. Non ha stretto la mano all’avversaria e poco prima all’arbitro ha spiegato, «Picchia troppo forte, non è giusto». L’Algeria difende Imane Khelif e ritiene «immorali e gratuiti insulti alla nostra campionessa»: il CIO di suo se ne lava abbastanza le mani, dicendo che tutti i test sono stati svolti e che non vi sono problemi. Ma il caos intanto c’è e il tema delle atlete/atleti trans, intersex e quant’altro potrebbe crescere enormemente nei prossimi anni. «Conta anche poter competere ad armi pari. E dal mio punto di vista non era una gara pari. Io penso che atleti che hanno caratteristiche genetiche maschili, non debbano essere ammessi alle gare femminili. E non perché si voglia discriminare qualcuno, ma per tutelare il diritto delle atlete a poter competere ad armi pari», ha detto a caldo la Premier Giorgia Meloni arrivando a Parigi nel quartier generale azzurro delle Olimpiadi 2024, “Casa Italia”.

Se tutto fosse confermato nei documenti e nelle origini, finora tenute “oscure”, di Khelif allora il tema rimarrebbe di difficile risoluzione: essendo nata con quel corpo e quel corredo XY ha sì cromosomi maschili ma il suo genere naturale d’origine sarebbe quello femminile: resta però anche la disparità di condizioni e fisicità che sconfina il “normale” mismatch che si può trovare in un confronto ad esempio tra il cestista francese Wembanyama, 2.24 m, e il giocatore giapponese Yuki Togashi. 1 metro e 67 cm. «Non posso che adeguarmi alle regole delle Olimpiadi», ha detto Carini prima del match che l’ha portata al ritiro e infatti la questione è tutta lì. Il Comitato delle Olimpiadi prenderà una posizione prima o poi o si limiterà a “galleggiare” tra il sentirsi campione di inclusività sui temi LGBTQ e al contempo a difendere il valore altrettanto “politicamente corretto” della libertà della donna?