Caro direttore,
ho seguito giorno dopo giorno lo spegnersi di Angelo Abbondio, una vita data con consapevole energia e con totalità di dono nello sviluppo di una storia segnata direttamente dall’incontro con il cuore di don Giussani. Una vita semplice, intelligente, umile e obbediente.
Ricordo di lui come lo incontrai: dopo aver conosciuto la moglie Fernanda nel lavoro nella Parrocchia di S. Vincenzo de’ Paoli, subito venne a parlarmi di persona; quindi seguì, sempre. Si fece amico di molti che nel movimento di Comunione e liberazione lavoravano fedelmente vivendo la scuola di comunità. Quindi ebbe modo di conoscere don Carlo Costamagna, grande prevosto di Santa Maria della Passione, amico e compagno di don Giussani.
Erano gli anni in cui potentemente si affermava il frutto buono del suo lavoro: il “Fondo professionale” dava inizio in Italia ai fondi di investimento. Il Corriere della Sera faceva sapere di una persona non nota al grande pubblico che aveva acquistato all’asta il quadro del “Quarto stato” di Pelizza da Volpedo e l’aveva donato al Comune di Milano.
Volle conoscere don Luigi Giussani: tante volte ci trovammo a cena a casa sua. Poneva di continuo domande e chiedeva sempre una strada da percorrere per fare della sua famiglia, del suo lavoro, della sua amicizia con i colleghi della Borsa di Milano l’occasione di una testimonianza aperta. Quando stava con don Giussani, “lo guardava parlare”. Ricordo che una volta gli chiese se fosse bene per lui avviarsi ad un’impresa nuova e rischiosamente affascinante (una Sicav, la “Symphonia”): don Giussani lo incoraggiò e lo lanciò con entusiasmo.
Un’altra volta gli chiese come destinare e mettere a frutto opportunità economiche che voleva offrire per situazioni povere e drammatiche: don Giussani gli indicò alcune ipotesi ed egli scelse di sostenere un ambito scolastico ed educativo nelle favelas di Salvador de Bahia. Lo seguì direttamente, di persona. Là dove poi anche gli si chiese (e accettò) di costruire una chiesa.
Ancora, volle incontrarsi a casa sua, oltre che con don Giussani, con l’ing. Carlo De Benedetti. Ricordo la libertà di viva discussione e la conclusione in cui don Gius lodava in tale industriale l’apertura ultima e fiduciosa alla domanda del suo “cuore” quando al termine di giornate impetuose si chiedeva: “a che tanto lavoro?”.
Coinvolse con entusiasmo i suoi colleghi (tra cui il dott. Ventura, allora presidente della Borsa di Milano, il prof. Fumagalli, economista di fama europea e internazionale, e molti altri ancora) a trascorrere le loro ferie estive in Uganda (su jeep e strade problematiche) a favore delle opere di don Vittorione (amico e diacono di mons. Manfredini, vescovo di Piacenza) per dare acqua e fertilità ai campi da coltivare.
Sempre con le loro famiglie mi chiese anche di accompagnarli ad un memorabile pellegrinaggio in Terra Santa.
E tante altre cose. Ma l’origine e la sorgente di tutto rimaneva la sua fedeltà crescente a Cristo nella storia vissuta con umiltà e totalità di risposta all’incontro con il cuore del carisma. Sentiva di portarne personalmente una responsabilità feconda, grata e semplice.
Vero amico che con dolcissima e costante fedeltà accompagnò lui e Fernanda nei momenti di grande apertura, come in quelli di dolore e di silenzio, fu Giorgio Vittadini: veramente un intreccio di amicizia gratuita, libera e fruttuosa.
Anche don Julián Carrón ebbe modo di partecipare della sua amicizia, della familiarità della sua casa, di riconoscere e ammirare la sua silenziosa e, ultimamente, sofferta testimonianza.
Una vita donata con entusiasmo, con gratitudine, con umiltà: la sua vita, la vita della sua famiglia, la vita nel suo lavoro, la vita con i suoi amici. Tutto ha avuto la grazia di poter donare: “…a che vale la vita se non per essere donata?”.
Angelo ha indicato e indica a me e a tutti come vivere e offrire per la gloria umana di Cristo la propria responsabilità vivente per il cuore del carisma che ci ha investito e toccato.
Un amico.
Grazie a te, Angelo, grazie a te, Fernanda, che sei stata lo stimolo vivente della sua vita buona (proprio così diceva don Giussani), grazie a voi tutti, figli ed amici.
Solo pochi ricordi tra molti, moltissimi: solo per far memoria viva, per trattenere la testimonianza che Angelo ci consegna e ci affida, per comprendere che anche nei momenti più impegnativi e nuovi, talora difficili, il Mistero buono di Dio ci abbraccia e ci sostiene in modo imprevedibilmente fecondo.
Siamo certi nella speranza.
Don Franco Berti