Una bella intervista quella rilasciata da Angelo Branduardi, uno dei musicisti più apprezzati d’Italia, ai microfoni del Corriere della Sera. Il violinista vive da 25 anni a Bedere Valcuvia, un paese dell’Alto Varesotto, lontano da caos e traffico delle città. «Mia moglie Luisa voleva avvicinarsi ai genitori. Ci siamo trovati bene e non ci siamo più mossi», dice a riguardo il cantautore meneghino. Una terra di leggende quella in cui vive, come quella di San Gemolo: «I celti invasori lo decapitarono, lui corse a Varese con la testa sotto il braccio, avvisò del pericolo e tornò indietro rimettendosi nella tomba. Ho raccontato la storia in una canzone». E la cultura celtica è sempre stato un leit motiv nella musica dell’artista di Cuggiono: «Non ho certo l’esclusiva, ma ho partecipato spesso al Festival interceltico di Lorient, sono amato in Bretagna, sono amico di Alan Stivell. Infine ho usato le cornamuse irlandesi: caratterizzano il “Dito e la luna”, l’album i cui testi avevo affidato non a Luisa, come al solito, ma a Giorgio Faletti, un caro amico che non c’è più».



Il collega del Corriere della Sera chiede se Branduardi se si sente un menestrello come Dario Fo: «Magari… Paragonarmi a Dario è un onore, anche se mi hanno sempre identificato così. D’altronde c’è la poetica frase di un anonimo tedesco dell’anno Mille: “Io sono il trovatore e sempre vado per molti paesi e città. Ora sono arrivato fin qui: lasciate che prima di partire io canti”. È quello che ho fatto per quasi 50 anni. L’ho conosciuto a Roma – ha proseguito, riferendosi al celebre scrittore italiano scomparso nel 2013 – un amico mi ospitava gratis nel suo alberghetto e per sdebitarmi facevo il portiere di notte. In varie occasioni Dario è arrivato assieme a Franca Rame. Di Fo ho visto molti spettacoli e ho una raccolta, regalata, di sue stampe».



ANGELO BRANDUARDI: “ANCHE LE PROSTITUTE VENIVANO A SENTIRMI SUONARE”

Un violino che ha accompagnato praticamente da sempre la vita di Angelo Branduardi: «A 4 anni. Volevo il pianoforte, però non c’erano spazio e soldi. Mio padre, un melomane che non sapeva suonare nulla, mi portò da Augusto Silvestri, mitico insegnante di violino. Costui aprì la scatola e fui fulminato dal colore e dall’odore di cera dello strumento. Nel quartiere diventai popolare: per venirmi a sentire si spostavano perfino le prostitute, causando scandalo».

Tante esperienze in carriera per Angelo Branduardi, ma mai nessuno su quello che viene considerato ancora oggi il palco più prestigioso, il teatro Ariston di Sanremo: «Semplicemente, non mi ha mai interessato. Rilancio un concetto formulato da De André: l’ugola non è un muscolo». In ogni caso, la vita di Branduardi sarebbe dovuta andare così: «Fare altro? No, non so nemmeno avvitare una lampadina…».