La birra che magari state bevendo mentre leggete queste righe non esisterebbe se una donna dell’anno Mille, il profondo Medioevo, quello che a tanti studiosi piace definire “epoca buia”, non avesse pensato di aggiungere il luppolo in quel miscuglio di spezie che era fino ad allora quella bevanda. Ma è la cosa più banale che Ildegarda di Bingen (1098-1179) ha fatto tra le tantissime.



Scrittrice, drammaturga, poetessa, musicista, filosofa, linguista, naturalista e soprattutto la prima donna a cui papi e imperatori permisero di parlare in pubblico, chiedendole anche di far loro da consigliere politico. Per questo la futura santa, dichiarata dottore della Chiesa nel 2012, negli anni 70 era diventata il simbolo di molte femministe. Non male per una persona che viveva nel “periodo buio”, che forse così buio non fu.



A lei Angelo Branduardi ha dedicato il suo nuovo disco, il primo dopo sei anni di silenzio, che idealmente entra a far parte della sua trilogia “spirituale”, cominciata con le musiche dei nativi americani, proseguita con San Francesco e che qui trova l’aspetto più fortemente musicale: “Ildegarda era un genio musicale” ci ha detto in questa intervista “avanti dal punto di vista tecnico e compositivo di almeno 300 anni”.

Monaca benedettina, mistica e profetessa, cosmologa, guaritrice, è probabilmente la prima donna musicista e compositrice nella storia cristiana: “E dato che a volte, ascoltando una melodia, un essere umano spesso sospira, e geme, circondandosi della natura dell’armonia celeste, il profeta Davide, considerando sottilmente la profonda natura dello spirito, e sapendo che l’anima dell’uomo è sinfonica (Symphonialis) ci esorta nel suo salmo a proclamare il Signore sul liuto e a suonare per lui sulla cetra a dieci corde” scrisse.



In uscita il prossimo 4 ottobre,”Il cammino dell’anima” di Angelo Branduardi è un disco fascinoso e misterioso, in cui il musicista insieme alla moglie Luisa Zappa che si è occupata della parte testuale, ha saputo rendere moderna e attuale la lezione di questa donna straordinaria.

Un disco musicalmente ricchissimo. Da sempre sei definito “musicista colto”: è una etichetta che ti fa piacere o ti infastidisce?

Io sono un musicista colto poi motivi inerenti al destino e alla vita in cui mi sono detto “voglio fare qualcosa di mio” mi hanno fatto allontanare dalla carriera classica. Non mi ritengo colto e classico, so di esserlo, sono diplomato al violino al conservatorio, però operazioni come questo disco le definirei cross over, termine strabusato, perché non è musica classica, non è musica leggera, forse è più musica sacra.

Non è la prima volta che che ti approcci alla musica sacra. La musica è nata con la religione, hai detto una volta. In un disco come questo un credente troverà tante cose, ma c’è un aspetto che unisce i credenti e i non credenti, un aspetto superiore per entrambi, che è la musica stessa, come la definisce Ildegarda: “un accordo segreto tra corpo e anima, l’armonia prodotta dal suono degli strumenti e dalla voce umana, nell’armonia celeste e nell’accordo misterioso che viene dal profondo del nostro io”. Sei d’accordo?

Assolutamente, musica come visione. Anche la cosiddetta musica leggera se fatta con il cuore esprime una visione. Come dice il mio amico Ennio Morricone, la musica essendo l’arte più astratta, è la più vicina all’assoluto. E’ una cosa che mi ha segnato sin da quando ero bambino. Che la musica fosse spirito me lo dicevano quando avevo 5 anni. E se guardo indietro già dall’inizio della mia carriera ci sono evidenti riferimenti alla spiritualità. C’è uno solo che mi assomiglia tra i miei colleghi, ed è Franco Battiato.

Come ti sei imbattuto nella figura di questa donna così affascinante?

La definirei una marziana. E’ difficile pensare a una figura umana in una epoca storica come quella che scrive una quantità di musica incredibile, aveva visioni che sapeva trascrivere, che fu inventrice della birra, idolo delle femministe degli anni 70. Nè io e né mia moglie Luisa possiamo dire di essere degli esperti della sua figura, ma quando ne ho sentito parlare abbiamo approfondito rimanendo senza parole.

Come hai scelto il repertorio da musicare?

Ho scelto a mio gusto e piacere. Ci sono cose che ho arrangiato con musica verticale o orizzontale, armonizzazioni, un po’ di ritmiche, ho cercato di fare qualcosa di accessibile, come feci con San Francesco.

Come si può definire la musica di Ildegarda paragonata a quella della sua epoca?

E’ avanti di 300 anni. Direi anche di più, ha anticipato i trovatori, la musica verticale, le progressioni che lei anche se in modo nascosto, sapeva già fare.

La parte musicale del disco è ricchissima, c’è anche il Coro della Basilica Ortodossa di Mosca. Come mai hai usato proprio quel coro?

Perché nessuno trovava un inizio, nemmeno io. Poi mi è venuta in mente la musica ortodossa i cui cori sono bellissimi. Li ho rallentati tantissimo e ci ho suonato sopra, per cui ne è uscita una strana commistione di elettronica e coro vero, che è il coro più grande di tutta la Russia. Credo di aver ottenuto un bell’inizio che mette nelle condizioni di ascoltare, una sorta di anticipazione di quello che succede dopo.

In un certo senso questo disco, per usare una parola molto anni 70, “è un concept album”, sei d’accordo?

Ah… non uso la parola concept album da tanti anni, ma è bello, io amo molto gli anni 70.

Nel disco in alcuni pezzi appare Cristiano De André: come mai hai scelto proprio lui?

Fa la parte del profeta. Ho scelto lui perché è figlio di un profeta.

Molto suggestivo è lo strumentale Gerusalemme, aperto e chiuso da percussioni alquanto inquietanti, come nasce?

Il brano musicalmente è di Ildegarda, io ho aggiunto le percussioni. E’ il titolo che diede lei a quel pezzo. In genere lei chiamava i suoi brani “sinfonie”, in quel caso lì c’è proprio scritto Jerusalem.

Ne Il cammino dell’anima n. 2 interpreti il diavolo. Anche quel testo è di Ildegarda?

Sì, tradotto da mia moglie. Dal punto di vista letterario è una traduzione fedelissima. E’ stato un lavoro molto difficile tradurlo, ma sono comunque tutte parole di Ildegarda, che come sai sin dagli 8 anni di età aveva visioni e vedeva cose che solo lei poteva vedere.

Insomma, un lavoro che, come quello di San Francesco, visti i personaggi, le storie, la trama, potrebbe anche essere uno spettacolo teatrale, che ne dici?

Ma lo diventerà infatti. Adesso partiremo per un tour europeo che in realtà sono una serie di date che, visto il successo di alcuni recenti concerti, ci hanno chiesto di replicare in luoghi più grandi. Poi arriveremo in Italia dal 16 novembre con il primo concerto italiano a Legnano ed eseguiremo proprio questo disco per un anno intero, più naturalmente alcuni classici del mio repertorio. E’ previsto anche un grande evento di cui al momento non posso dire nulla (il 12 febbraio 2020 Angelo compie 70 anni, immaginiamo che l’evento sia legato a questa data… nda).

A proposito di date internazionali, tu sei stato il primo della tua generazione a fare tour in europa, il primo ad avere successo all’estero. Cosa significò al tempo e perché pensi che il pubblico europeo ti ami così tanto?

Io faccio musica molto particolare e anche di nicchia, a tratti è sfuggita nel mainstream piazzando grandi successi. Una musica, la mia che non assomiglia a quella di nessuno. Come disse il tuo collega Marco Mangiarotti anni fa, la mia musica è come l’aglio, un gusto unico e riconoscibile che piace o fa schifo. Io divido il pubblico, ho un pubblico che mi ama e un pubblico che mi odia.

Gli artisti infatti, almeno i veri artisti, devono dividere, non accontentare il pubblico. Oggi va molto di moda la figura di San Francesco, forse perché abbiamo un papa che si ispira a lui. Tu hai cantato il santo di Assisi in tempi non sospetti, come accadde?

Ogg c’è una spiritualità di moda perché è un momento difficile e ciò che non si vede, che sta sopra di noi, ci calma l’ansia. Mi fu chiesto dai frati francescani di occuparmi di San Francesco, io dubitavo tantissimo di farlo. Loro mi dissero che doveva essere una cosa cristologica, e io risposi, ma perché scegliete un peccatore?  Perché Dio sceglie i peggiori, risposero.

Fu un successo clamoroso.

Pensa che un dirigente della casa discografica mi disse: avrai 20 spettatori. La sera della prima ce ne erano 2mila in sala e 500 rimaste fuori.