Se c’è qualcuno (oltre ai suoi genitori) che non ha mai smesso di pensare alla tristissima vicenda di Alfredino Rampi – passata alla storia come l’incidente di Vermicino, raccontato su Rai 1 in una miniserie in onda tra questa sera e domani – quello è sicuramente Angelo Licheri, l’uomo ragno, il volontario che scelse di calarsi in quel pozzo di oltre 60 metri per cercare disperatamente di salvare il piccolo di appena 6 anni. Una storia che purtroppo non ha un lieto fine, tanto che quel giovane soccorritore fu l’ultimo a vedere Alfredino Rampi in vita, poco prima che i medici legali dichiarassero la sua morte: una circostanza e una storia con cui Angelo Licheri non è mai riuscito a scendere a patti, neppure sul letto di morte che l’ha accolto nel 2021 all’età di 77 anni.
Quel giorno – vale la pena ricordarlo prima di passare alla figura del soccorritore che da lì divenne noto come ‘l’uomo ragno‘ – il bambino si stava recando a casa dei nonni quando improvvisamente e per ragioni mai chiarite cadde in un pozzo artesiano dove rimase incastrato ad una profondità di circa 36 metri. Dopo il ritrovamento – con il piccolo Alfredino Rampi che da quel pozzo gridava disperato chiedendo dove fossero i suoi genitori – seguirono un paio di tentativi di salvataggio del tutto infruttuosi fino a che sulla scena – “dopo aver fatto una lotta impossibile per arrivare fino a quel punto”, raccontò parecchi anni dopo a FanPage – non comparve Angelo Licheri.
Il racconto di Angelo Licheri, l’uomo ragno, sulla morte di Alfredino Rampi: “Non chiamatemi eroe”
All’epoca della caduta di Alfredino Rampi (e tutte le dichiarazioni che seguiranno sono sempre state rilasciate a FanPage) Angelo Licheri (l’uomo ragno) – che ci tiene a precisare che “non sono un eroe” – ricorda che “facevo l’autista e facchino presso una tipografia” e rimase estremamente colpito dal giornale del 10 giugno che raccontava della vicenda di Vermicino e si recò personalmente sulla scena per offrire il suo aiuto. Così, tra i centinaia di curiosi e volontari che si erano radunati attorno a quel pozzo, venne scelto proprio Angelo Licheri, alto e minuto, perfetto per calarsi in quel pozzo largo appena 60 centimetri in cui il piccolo Alfredino Rampi ormai lottava tra la vita e la morte.
“Non potevo lavorare in ampiezza“, ha raccontato l’uomo ragno Angelo Licheri, “ma solo in verticale” con le braccia lunghe sopra alla testa “e guardare con gli occhi”: scese e a testa in giù riuscì a toccare il bambino, “gli ho pulito la bocca e ho cercato di fargli aprire gli occhi” ma da Alfredino Rampi ricevette come risposta solamente dei “rantoli”. Cercando di tenerlo il più calmo possibile Angelo Licheri promise regali, giochi e tanti amici ad attenderlo fuori da quel pozzo, ma tutto precipitò dopo che gli fece indossare l’imbracatura: “Hanno dato uno strattone e si è staccato il moschettone“, ma si rivelò anche vano il tentativo di sollevarlo per i polsi.
Angelo Licheri sentì solamente “un track, gli avevo spezzato il polso e lui manco si è lamentato. A quel punto mi sono quasi sentito in colpa” e non gli rimase che “mandagli un bacetto e tornare su”. Un racconto e dei ricordi che a distanza di anni fanno ancora piangere l’eroico soccorritore, estratto da quel pozzo dopo più di 45 minuti passati a testa in giù e riemerso stremato e in preda ad un pianto incontrollabile.