Angelo Licheri il piccolo Alfredo Rampi (conosciuto semplicemente come Alfredino), non potrà mai dimenticarlo specie perché è stato ad un passo dal suo salvataggio. Giusi Fasano per il Corriere, ha intervistato colui che ha provato a salvare il bambino caduto nel pozzo di Vermicino 38 anni fa. A testa in giù per minuti interminabili, il piccolo si trovava a 64 metri di profondità. “Gli ho tolto il fango dagli occhi e dalla bocca e ho cominciato a parlargli, dolcemente. – ha raccontato Angelo – So che capiva tutto. Non riusciva a rispondere ma l’ho sentito rantolare e per me era quella la sua risposta. Quando smettevo di parlare rantolava più forte, come per dirmi: continua che ti sto ascoltando”. Dopo vari tentativi andati a vuoto, l’ultimo che ha fatto è stato prenderlo per la canottiera “ma appena hanno cominciato a tirare ho sentito che cedeva… E allora gli ho mandato un bacino e sono venuto via. Ciao piccolino”. Alfredo Rampi, per tutti Alfredino, aveva sei anni e si trovava nella casa di Vermicino in vacanza con i genitori.



Angelo Licheri, l’ultimo saluto al piccolo Alfredino

Alfredino Rampi, dopo una passeggiata con papà Ferdinando, quel 10 giugno chiese di fare ritorno da solo a casa, giocherellando in mezzo ai campi. L’uomo accettò e lo lasciò allontanarsi felice, come tutti i bambini della sua età avrebbero fatto. Due ore dopo era scomparso. In quello stesso percorso che avrebbe dovuto fare, tra i campi, vi erano decine di persone che chiamavano il suo nome, sperando di poterlo ritrovare. “Non sapevo nemmeno dove fosse quel posto”, ha raccontato Licheri. “Ricordo solo che ho fatto tutte le infrazioni possibili per arrivarci (…) Al capo dei vigili del fuoco ho detto: sono piccolo, fatemi scendere (…) alla fine l’ho vinta io”. Il drammatico ricordo continua: “Ho provato a prenderlo per i gomiti ma niente, non si riusciva. Alla fine l’ho afferrato per i polsi e nel tentativo di tirarlo su gli ho rotto quello sinistro. Ho sentito un lamento lieve. Non aveva più forze”. Angelo è rimasto nel pozzo a testa in giù per 45 minuti, ben più in là i limiti di resistenza consentiti. Quando lo tirarono su si ritrovò davanti alla mamma di Alfredino: “Venne da me e mise le sue mani sulle mie guance: mi dica come sta il mio bambino, chiese. Io fui sincero: signora, è ancora vivo ma se non si fa in fretta non so quanto potrà resistere”.

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