Il caso di Anna Rosa Fontana, la 38enne uccisa a Matera il 7 dicembre 2010 dall’ex convivente Paolo Chieco viene riproposto oggi da “Il terzo indizio“. Le repliche del programma di Rete 4, spin-off di Quarto Grado, continuano e torna in tv la vicenda della “donna uccisa due volte”, al centro della giustizia per molto tempo. Quella giustizia che non è stata in grado di difenderla. Il caso è molto particolare, perché Anna Rosa aveva rischiato seriamente la vita cinque anni prima di essere uccisa. Il 13 luglio 2005 il convivente provò ad ammazzarla con 15 coltellate, non riuscendoci solo perché i soccorsi furono rapidi e l’ospedale era vicino. Quella della donna di Matera è, dunque, una storia personale travagliata.



Il primo matrimonio finito con una separazione, da cui le erano rimasti due figli maschi, poi aveva conosciuto Paolo Chieco, manovale ex macellaio da cui aveva avuto una bambina. Quando la loro relazione terminò, l’uomo non lo accettò. Il 13 luglio 2005 l’aspettò sotto casa e l’accoltellò al torace, al collo e alla pancia. Poi chiamò il 113 dicendo di aver ucciso la convivente, ma Anna Rosa Fontana si salvò appunto grazie ai soccorsi. La condanna per tentato omicidio fu di 12 anni e 6 mesi. Nel 2008, in appello, riuscì ad ottenere la riduzione della condanna a 6 anni di carcere. Con l’indulto, tornò in libertà nel 2009 dopo 4 mesi in carcere e 19 mesi ai domiciliari.



“ANNA ROSA FONTANA LASCIATA SOLA DALLA GIUSTIZIA”

Il ritorno in libertà dell’ex convivente Paolo Chieco fu per Anna Rosa Fontana il ritorno dell’incubo. Nell’ottobre 2010 lo denunciò perché aveva ripreso a perseguitarla. I due abitavano a 300 metri di distanza, sufficienti per l’uomo per spiarla. In un’occasione riuscì a portarla in una stradina, per minacciarla, e le mise una corda al collo. A dicembre in una telefonata alla madre confessava i suoi timori: «Ho paura. Mi chiudo nel portone per nascondermi». Nonostante le sue denunce, fu di nuovo raggiunta dall’uomo, che con sei coltellate riuscì nell’intento di ucciderla. Per l’omicidio è stato condannato a 30 anni di carcere.



Nel frattempo, i figli della vittima hanno ingaggiato una battaglia legale per chiedere il risarcimento ai ministeri dell’Interno e della Difesa, accusati di essere responsabili della presunta condotta omissiva delle forze dell’ordine, che quella sera, nonostante le numerose telefonate di Anna Rosa Fontana, non intervennero. La vicenda è stata raccontata anche da Le Iene, con l’intervista ad Antonio, oggi trentenne, ma all’epoca dei fatti 17enne. «L’ha perseguitata per tanti anni. Se avessero fatto qualcosa, a quest’ora un abbraccio di nostra madre lo potevamo ancora avere», disse ai microfoni di Nina Palmieri.