Un rapporto speciale con i suoi figli per Annalisa Minetti, che a “L’estate in diretta” legge una lettera scritta proprio per Fabio ed Elena e racconta: “Senza i miei figli ero una donna abbastanza risolta ma loro mi hanno completato e mi hanno dato tutti gli stimoli per rendermi abile mentre tutti volevano vedermi disabile. E pensavano che una madre non vedente non potesse esistere. Invece i miei figli hanno dimostrato a tutti che sono due ragazzi sereni, ricchi, intensi e che sanno cosa significa essere specialmente abili”.
La scelta di diventare mamma è arrivata nonostante i tanti “pareri negativi” della gente: “Mi dicevano che non vedendo non avrei potuto tutelarli, ad esempio quando sarebbero caduti. Ho perso la vista a 18 anni e tutti mi hanno detto tutto ciò che non avrei più potuto fare. Io ora sto depennando tutto ciò che invece posso fare. Non è solo cattiveria ma anche una profonda ignoranza. Mio figlio, appena respirava strano, io sapevo se avesse qualcosa. La mia tutela nei miei confronti è che io fossi h24 con lui e poi con lei, perché poi è arrivata anche Elena. Avevamo dei metodi per non perderla mai di vista”.
Annalisa Minetti: “Il volto dei miei figli mi manca”
Annalisa Minetti non potrà mai guardare il volto dei suoi figli a causa della malattia che le impedisce di vedere. Infatti, se con Fabio riusciva quantomeno a vedere le ombre, con Elena non è stata così, come racconta a “L’estate in diretta”: “Rinunciare al loro viso per sempre mi manca. Quando sogno io vedo e il loro volto non c’è e io non capisco perché. Forse perché un giorno ritornerò a vedere e quello sarà il mio momento magico. Mio figlio mi prende in giro, ad esempio quando lo sgrido mi dice ‘Sì ma girati che sono dall’altra parte’. Invece con mia figlia vado al centro commerciale e mi urla tra le corsie”.
Da quando è diventata mamma, la cantante non ha smesso un giorno di studiare per essere quanto più possibile adatta al ruolo: “Ho sentito il senso della responsabilità nei loro confronti. Ho creduto nella formazione, ho studiato tanto. Lavoro con tutti i bambini in età evolutiva, io cerco di interpretare i loro silenzi. Spesso i ragazzi non riescono a parlare. Io mi sento molto bene nel ruolo di mamma. Ieri avevo un’amichetta di mia figlia, Gioia, e ho fatto l’animatrice tutto il pomeriggio. Ci siamo divertite un sacco. Credo nel gioco come linguaggio. Dobbiamo tornare a giocare, a interpretare la vita come un gioco, dando un peso alle cose quando ce l’hanno. Lo spessore non si perde quando si gioca. Dobbiamo tornare ad essere creativi“.