Non nella sinagoga del paese, nemmeno in un giorno di festività solenne e meno che meno avvisando dell’arrivo con largo anticipo. Le capitò sotto casa, in un giorno qualunque, in mezzo al tran-tran e il chiasso di un giorno qualunque: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”.
Avesse avvisato del suo arrivo, non sarebbe più stato se stesso perché Lui è il Dio delle sorprese, degli agguati e dei colpi di fulmine. Il Dio dell’improvviso e dell’imprevisto. Anche a Nazareth, forse, la gente sosteneva di voler bandire la quotidianità del vocabolario: tutte le giornate sembravano uguali a loro stesse, sempre le stesse cose, solito daffare di tutti i giorni. Gesti, usi e costumi di una vita che, apparentemente, non aveva nulla di così speciale da riservarsi una possibilità di meraviglia. E così facendo, tutti a volere scappare dalla monotona quotidianità: salvo poi scoprire, quando è lei a scappare, di cadere dritti nel laccio dello spauracchio.
“Troppo corta è la vita per vivere lo stesso giorno due volte” pensava, invece, Maria. Una di quelle donne che, nella quotidianità più feriale, cercava di non perdersi l’appuntamento con la bellezza. L’appuntamento con un qualcosa che, capitando improvviso, ha la forza di sparigliare le carte sul tavolo: “La vita di una persona consiste in una serie di avvenimenti di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme” scrive Italo Calvino. Di questo s’era fatta convinta Maria, quando non era ancora Madonna. Quand’era semplicemente una delle ragazze nazarene.
A Lei piaceva per davvero la quotidianità, non l’abitudine; il suo spirito era di quelli che andavano matti per le cose più piccole, che non sono mai cose di poco conto. Oggi sembra non ci si accorga quasi più della differenza tra le due cose, ma la genialità della giovane Maria stava esattamente qui: “Quando sei innamorato della tua quotidianità” m’immagino abbia scritto da qualche parte in un suo diario segreto che mai nessuno ha trovato o letto: “è così che io la vedo la felicità”. La quotidianità che, a Nazareth, non era vista di buon occhio, come non lo sarà mai nelle maggioranza delle città abitate dagli uomini: “Hai presente la quotidianità, quella a cui si da spesso poco credito?” sembra continui Maria. “Ecco, le cose belle le trovi quasi sempre lì”.
La bellezza riesce a splendere nel quotidiano: infilare la sua bella chioma tra le fauci del quotidiano e restarne viva è stato il talento di Maria. Un talento che le ha procurato l’incontro col Cielo in persona: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”. Dio, in parole povere, s’è accorto di te, “e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”. Nel tran-tran più monotono, il grattacapo più inaspettato che Maria potesse immaginare: essere nello sguardo di Dio. Di un Dio pittore di sguardi.
Oppose quel minimo di resistenza che s’addice alle anime oneste da non farsi zerbino per amore: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Il che era come dire che non riusciva a concepire che, dato il punto di partenza, si arrivasse ad un traguardo così ambizioso: “Concepirai un figlio”. Venne avvolta da quella specie di disagio che si prova quando si cerca d’immaginarsi la vita di tutti i giorni attraverso lo sguardo di un altro. Dell’Altro con la maiuscola: di Dio.
Poi, incassato il più incoraggiante e minimo dei conforti – “Nulla è impossibile a Dio” (cfr Lc 1,26-38) – iniziò a guardare la sua quotidianità con occhi ancora più attenti di quelli che già l’assistevano sin da quand’era piccola. Nessuna quotidianità nazarena, non solo quella di Maria, era così sventurata da non avere la dignità di essere considerata. Occorrevano occhi di poeta per intravedere la magia nel trambusto feriale: “Non ti chiedo miracoli o visioni, ma la forza di affrontare il quotidiano. Preservami dal timore di poter perdere qualcosa della vita. Non darmi ciò che desidero ma ciò di cui ho bisogno. Insegnami l’arte dei piccoli passi” (A. de Saint-Exupéry). Sotto il tavolo dei nostri dibattiti, invece, Dio si addormenta.
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