L’emergenza coronavirus, la quarantena in casa, le ordinanze delle autorità, sottopongono tutti a uno stress notevole. In molti non sanno come affrontare la situazione, le paure sono tante. Abbiamo affrontato l’argomento con il professor Giampaolo Perna, Professore Straordinario di Psichiatria presso l’Humanitas University di Milano) e Responsabile del Centro di Medicina Personalizzata per i Disturbi d’Ansia e di Panico all’Humanitas San Pio X sempre di Milano: “La quarantena con il suo rapimento della libertà, con l’incertezza del futuro che troveremo quando la sua gabbia verrà aperta, ci libera da molti devo e ci impone di riorientarci verso ciò che è davvero importante”.



Professor Giampaolo Perna, come è cambiata la sua vita in questa fase di quarantena?

Pur non essendo completamente chiuso in casa per il mio ruolo sanitario, il flusso della quotidianità è cambiato. Sono più presente in famiglia e rincorro la vitalità di mia figlia Elsa. Assisto telefonicamente i miei pazienti ansiosi che con il passare delle giornate si trovano sempre più in difficoltà e cerco di insegnare la salute mentale con le lezioni virtuali, che mancano tuttavia dell’aspetto fondamentale della comunicazione verbale e non verbale con i miei studenti.



Vede un bicchiere mezzo pieno nella quarantena?

La quarantena non ci permette di scappare da noi e dalla nostra famiglia. Ci costringe a pensare, riflettere, meditare, leggere e quindi diventare più consapevoli di noi stessi. L’aver svuotato la nostra vita delle troppe cose che vanno avanti con il pilota automatico, dell’anestesia del correre automaticamente, della superficialità insita nello scorrere veloce e implacabile del tempo ci costringe a guardarci dentro, ad aprire gli occhi e confrontarci con il senso della vita. La quarantena con il suo rapimento della libertà, con l’incertezza del futuro che troveremo quando la sua gabbia verrà aperta, ci libera da molti devo e ci impone di riorientarci verso ciò che è davvero importante.



Importante in che senso?

Nietzsche, il grande filosofo tedesco, ci ammonisce di “diventare buoni vicini delle cose prossime” e la quarantena ci costringe proprio a questo. Ecco che i libri vicino a noi, i nostri familiari prossimi, la musica che abbiamo scelto per noi ma ascoltato troppo poco, ritornano ad attrarre la nostra attenzione e riprendono vita. Si passa dal “non ho tempo” al “posso”, sempre che la mente non venga invasa dallo sconforto e la paura.

Abbiamo tutti paura in questo momento, è un bene o un male?

La paura è una preziosissima alleata in questo momento pericoloso, è la spinta ad applicare seriamente le misure di quarantena, e non solo, proposte. E’ l’accensione della nostra portaerei emotiva di difesa di fronte a un pericolo reale. Sono le persone che non hanno paura, che sono quindi incoscienti, ad essere pericolose per sé stesse, per gli altri e per la nostra intera comunità. Supereroi invincibili non esistono, siamo tutti umani e quindi vulnerabili di fronte a questo nemico invisibile ma concretissimo.

Ma come possiamo evitare di essere travolti dalla paura?

Il vero segreto per ridurre ansie e paure è quella di essere informati in maniera chiara, coerente e semplice. Avere chiaro chi è il nemico, cosa può fare, come possiamo combatterlo rende la paura più realistica e quindi meno indeterminata e oscura. In questo senso è fondamentale non ingolfarsi di informazioni dai mass media ma basarsi sulle informazioni che le istituzioni riconosciute ci forniscono.

Abbiamo parlato di paura e incoscienza, e il coraggio dove lo mettiamo?

Il coraggio nasce dalla paura, non dall’incoscienza. Per essere coraggiosi bisogna avere paura. Il coraggio ci aiuta a guidare la paura all’azione, a non permettere alla paura di paralizzarci, di essere semplicemente passivi e subire. La paura accende la nostra attenzione, il coraggio ci attiva. Andare a fare la spesa, sorridere ai nostri figli, non mollare le nostre responsabilità sono atti di coraggio, insieme alla straordinaria forza con cui i nostri sanitari stanno combattendo sul campo. Non dobbiamo essere incoscienti, ma paurosamente coraggiosi.

E il futuro?

Il futuro non è ancora scritto. Proprio l’incertezza del futuro prossimo e, in parte, anche quello remoto ci mette in uno stato di sospensione e perplessità. Siamo immobilizzati in attesa, siamo impauriti ma non travolti dal panico. E’ passato ancora troppo tempo, e la speranza è che tutto finisca e il mondo, con le nostre abitudini e i nostri riti, possa ripartire in maniera invariato. La mente e il corpo umano tendono a mantenere la propria omeostasi, a cercare di mantenere di base le cose stabili, agendo per ristabilire l’equilibrio quando questo venga disturbato. Non sappiamo se questo sarà possibile, ma sicuramente più il tempo passa in questa quarantena, che è il segno della persistenza del pericolo, più la possibilità di ristabilire l’equilibrio pre-pandemia si affievolisce per poi sfociare nella urgenza di un cambiamento, di un nuovo equilibrio. Sarà proprio dalla rottura dell’equilibrio pre-pandemia che la nostra vita e la nostra società potrà evolvere verso un equilibrio più ricco e umano. Non sarà un cammino facile e, forse, neanche così breve, ma potrebbe essere un’occasione davvero importante per crescere insieme.

Cosa possiamo imparare da questa situazione di emergenza?

Come prima cosa sapere che non siamo invincibili. Siamo un piccolissimo e fragile aspetto della vita e non i dominatori dell’universo. Mi auguro che ognuno di noi impari a guardare accanto a sé stesso, a vivere il presente con gratitudine e generosità, a comprendere il valore della società, della comunità in cui viviamo. La pandemia in atto non rappresenta l’abdicazione della società moderna quanto, al contrario, la prova che noi esseri umani possiamo prendere in mano il nostro destino, almeno possiamo provarci: la medicina, i respiratori, i supermercati, le mascherine, i disinfettanti e così via sono il prodotto della società moderna e sono gli strumenti utili in questa difficile battaglia anche se, l’evidenza del netto calo dell’inquinamento per effetto dello stop delle nostre attività, ci mette davanti la necessità di evitare gli effetti distruttivi che la modernità spesso porta con sé. Se alla fine di questa emergenza diventeremo persone più consapevoli del valore della socialità e di una società moderna sì, ma rispettosa della natura, allora saremo uomini davvero liberi di costruire la strada verso la realizzazione di noi stessi. Se avverrà semplicemente questo, allora anche un evento così duro e tragico acquisterà un grande valore per noi e per le generazioni future.

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