Gli studi condotti da vari enti, come il Ministero degli interni o l’Istituto superiore di sanità, certificano l’aumento delle dipendenze durante la pandemia di Covid: gioco d’azzardo, droga, alcol in particolare. Tutte cose che dal punto di vista della legge dovrebbero essere tenute sotto controllo, ma la gente ha trovato il modo di aggirarle per sopperire ai disturbi d’ansia, a dipendenze già esistenti. La cannabis, ad esempio, è stata la sostanza più utilizzata nel 2020: circa un quinto degli studenti ne ha fatto uso almeno una volta.
“La riduzione delle libere attività” ci ha detto Paolo Crepet, psicologo specializzato in problematiche educative giovanili, “spiega questo aumento delle dipendenze, soprattutto nel 2020, in pieno lockdown. E’ chiaro che chi aveva già delle dipendenze non ha trovato di meglio che attaccarsi ad esse, e si può anche giustificare. La nuova variante di Covid annunciata in questi giorni mette in dubbio tutte le certezze e spaventa, creando disturbi d’ansia notevoli”.
Il Covid ha aumentato le dipendenze, un fenomeno che esisteva già prima e che mette sotto attacco la vulnerabilità umana. Ma cosa si intende esattamente per dipendenza? Cosa determina negli italiani questo fenomeno?
In una situazione come quella che si è creata, parlando di un anno fa, abbiamo dei dati molto chiari. Il gioco d’azzardo clandestino, le scommesse, sono aumentate di due o tre volte rispetto a prima della pandemia. Uno si trova in casa da solo, ha meno relazioni, meno possibilità di fare altro, uno che tendeva già a bere è chiaro che facendo la spesa online ne approfitta di più. Non è un caso che gli unici ad andare bene dal punto di vista economico durante la pandemia siano stati i negozi online.
Tra i ragazzi si è registrato un aumento notevole nel consumo di cannabis.
E’ lo stesso motivo. Non essendoci alcun tipo di soddisfazione come ad esempio l’attività sportiva, è chiaro che ci si riduce a quello che è disponibile sul mercato e che ci dà un’apparenza di soddisfazione.
Aumentano anche i disturbi legati all’ansia. Il crollo della Borsa all’annuncio di una nuova variante, quella sudafricana, è qualcosa che non ha precedenti. Ha una spiegazione anche psicologica?
E’ evidente che questa ulteriore variante non era prevedibile, ma che ne sarebbe arrivata un’altra dopo la Delta lo dicevano tutti coloro che hanno un minimo di esperienza immunologica. Era quindi probabile e adesso vedremo quanto sarà contagiosa e clinicamente rilevante. Tutto questo porta a una perdita di speranza per il futuro: si ha paura che tutto ricominci, che gli affari, il lavoro vadano a rotoli. E’ anche una reazione giustificabile pensare che una quarta botta così forte non si riesca a sopportarla. Credo che sia ovviamente un elemento che peggiora le nostre condizioni mentali.
Cresceranno paura e ansia per sé o piuttosto per i nostri cari? Come compensare questa ansia?
Non siamo tutti uguali, ci sono persone più fragili, quelle che temono di essere più isolate dal mondo, gli anziani. I ragazzi che rischiano di tornare alla Dad. Bisogna essere realisti, ma non si può far finta che tutto questo non stia accadendo.
Esistono reazioni o risorse personali che possono aiutare?
Certo, e bisogna attivarle. Fortunatamente la nostra realtà è ancora accettabile dal punto di vista delle libertà: possiamo fare delle passeggiate, andare al lavoro o a scuola in presenza. Tutto questo adesso è ancora possibile, difficile dire se ci sarà consentito domani.
Siamo in una situazione dai risvolti imprevedibili?
Se uno guarda la realtà dell’Europa, a maggior ragione non possiamo rimarcare ancora una volta che, se si fosse reagito vaccinandosi, non si sarebbe arrivati a questo punto. Non è che si preveniva il virus, però ciò che il virus sviluppa nel corpo umano, se uno è vaccinato, non lo subisce. Oggi è il 10% degli italiani ad aver fatto tre dosi di vaccino.
Forse il problema è che non si pensa in modo globale. E’ bastata una persona arrivata in Belgio dal Sudafrica per portare questa nuova variante. Viviamo in bolle di pseudo-autonomia?
Non c’era da aspettare il Sudafrica, bastava vedere Trieste, che si interfaccia con una parte dell’Europa non vaccinata. Paesi come la Bulgaria o la Romania, dove è in atto una non vaccinazione di massa e dove i loro abitanti possono tranquillamente venire qui da noi.
Insomma, si continuano a commettere errori?
Quando scoppiò il caso dell’Aids, lavoravo come consulente psicologo per l’Oms. Gli immunologi dicevano che non era possibile fare niente, perché era un virus che mutava in continuazione. Per fortuna, con il tempo, sono arrivate terapie che riescono a tenere sotto controllo il virus. Non ricordarsi cosa è successo solo vent’anni fa fa venire lo sconforto anche a me. Paesi da lei citati, come il Belgio e l’Olanda, pensavamo fossero il paradiso di tutte le libertà e invece abbiamo visto che non hanno costruito uno stato sociale, solo alcune libertà. Alla prima grande guerra siamo periti, siamo andati in guerra con le fionde.
(Paolo Vites)
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