All’inizio dell’estate, e mentre la società ed il mondo della musica si stanno riaprendo in seguito alla pandemia, la Sony Classica fa uscire un CD che rappresenta un evento straordinario nel senso etimologico del termine: una registrazione in studio, non da rappresentazioni dal vivo ritoccate da abili sound engineers, di un’opera lirica; un’innovativa lettura del complesso Otello di Verdi.
Che io ricordi l’ultima importante registrazione in studio, prima di questo Otello, è stato il Tristan und Isolde di Wagner, prodotto nel 2003 dalla Emi Classics, con Placido Domingo e Nina Stimme nei ruoli dei protagonisti ed Antonio Pappano alla guida dei complessi della Royal Opera House. L’esito artistico fu eccellente ma il costo sarebbe stato tale che The Economist profetizzò che quella sarebbe stata l’ultima volta che un’opera sarebbe stata registrata in studio. La profezia si è in gran parte avverata anche grazie alla tecnologia che permette di “ripulire” registrazioni di varie esecuzioni dal vivo per ricavare un CD senza brusii di fondo ed altre imperfezioni. Tuttavia, il Presidente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Michele Dall’Ongaro ed il Direttore musicale Antonio Pappano hanno raccolto la sfida e convinto la Sony. Avevano un asso nella manica: il debutto discografico nel ruolo di Jonas Kaufmann (aveva debuttato sulla scena alla Royal Opera House a Londra nel 2017). Sonorità rotonde e perfette, come quelle insegnate, all’inizio della stereofonia, da John Culshaw. Un prodigio della tecnica, ma anche degli artisti.
Tre anni dopo il debutto nel ruolo (di cui esiste un DvD dal vivo, acusticamente molto meno affascinante di questo CD), l’Otello di Kaufmann è ancor più “fuori dall’ordinario” di quello di tre anni. Mi dà la stessa impressione che ebbi all’Old Vic nel 1966 (ero studente e potevo permettermi solo i posti in piedi) la tragedia di Shakespeare (quattro ore quindi una faticaccia nei posti in piedi) interpretata da Laurence Olivier. Un Otello differente (anche rispetto a quelli di Del Monaco, Cossutta, Domingo, Pavarotti per non citare che i più noti), tutto giocato sull’introspezione. In un CD non c’è, ovviamente, azione scenica, ma la tensione dell’introspezione è tutta nella vocalità: non mancano gli acuti impervi come nell’Esultate! ma la tensione (caratteristica di questo Otello) è nel fraseggio, nelle mezze voci già nel duetto che conclude il primo atto (Già nella notte densa) sino allo straziante finale (Niun mi tema…..un bacio, un bacio ancor) passando per eccellenti legato. A 51 anni, Kaufmann ci presenta un Otello virile ma fragile e per questo tale da cadere nella rete tesa da Jago. Una lettura nuova ed al tempo stessa bellissima.
La sua Desdemona è la giovane Federica Lombardi che abbiamo ascoltato nel circuito lirici alla Scala ed al Teatro dell’Opera di Roma principalmente in ruoli mozartiani. E’ la prima volta che la ascolto interpretare Verdi. E’ una Desdemona dolce ed innocente sin dal duetto del primo atto ma che sprigiona tutta la sua purezza nel quartetto del secondo (Se inconscia contro te, sposo ho peccato) e nell’Ave Maria del quarto atto. Un’emissione perfetta da grande soprano lirico.
Jago è Carlos Álvarez, baritono spagnolo veterano del ruolo; lo si è ascoltato in questa parte a Genova e diversi anni orsono a Salisburgo. Il suo Credo in un Dio crudel è un pezzo di bravura molto lavorato, quasi cesellato. Subdolo nel duetto con Otello C’è m’accora in cui sfoggia mezze voci.
Emilia (Virginie Verrez), Cassio (Liparit Avetisyan), Rodrigo (Carlo Bosi), Lodovico (Riccardo Fassi), Montano e l’araldo (Gian Paolo Fiocchi) sono tutti professionisti di qualità.
Antonio Pappano dirige l’orchestra ed il coro (guidato da Ciro Visco) dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con passione ed accentuando le tensioni della partitura nonché mettendo in evidenza come Verdi avesse assimilato parte delle innovazioni wagneriane e, nel 1887, anticipasse quella che sarebbe stata il nuovo “dramma in musica” del Novecento.
In breve, un CD da ascoltare e riascoltare per apprezzarne tutte le finezze.