Luigi Scordamaglia, ad di Filiera Italia, ha risposto alle recenti dichiarazioni del virologo del San Raffaele, Roberto Burioni, secondo cui negli allevamenti di bovini in Italia si farebbe uso di antibiotici. “L’utilizzo degli antibiotici negli allevamenti intensivi – ha detto Burioni a Che Tempo Che Fa lo scorso 16 aprile – per far crescere più di peso gli animali è una pratica veramente sbagliata per la salute degli animali e penso che oramai sia chiaro che se stanno male gli animali, finiamo per star male anche noi perché i batteri passano dagli animali agli uomini senza troppi problemi”. Questa la replica di Scordamaglia, così come si legge sul numero di oggi del quotidiano Libero: “Anche Burioni cade vittima di una delle più grande fake news che inquinano la comunicazione intorno al mondo della carne”.
E ancora: “In Italia da più di 15 anni l’uso di antibiotici è permesso solo a fini di cura, terapia e profilassi degli animali ed è sempre subordinato alla prescrizione medico-veterinaria”. Quindi il numero uno di Filiera Italia ha proseguito: “Da noi, a differenza di quanto accade in altri Paesi, c’è l’obbligo di emettere soltanto ricette elettroniche per l’uso veterinario. Non può sfuggire nulla. Secondo gli ultimi dati del progetto europeo di vigilanza veterinaria Esvac, si è verificato in Italia un calo significativo nell’acquisto degli antimicrobici nel settore dell’allevamento: -59% negli ultimi 11 anni”.
SCORDAMAGLIA SUGLI ANTIBIOTICI NEI BOVINI: “CARNI IRREGOLARI INFERIORI ALLO 0.04%”
Scordamaglia ha quindi fatto chiarezza sugli antibiotici negli allevamenti, spiegando: “La maggior parte di egli antibiotici sono destinati agli animali da affezione, e questo non è un dato secondario quando si vuole parlare di antibiotico resistenza”. Burioni, attraverso i social, ha aggiunto che se presso la trasmissione di Fazio ci fosse stato un veterinario “gli avrei chiesto perché, alla faccia dei divieti, l’Italia è seconda in Europa per uso di antibiotici negli animali dietro alla Polonia”.
In ogni caso i dati dei test condotti sulle carni in commercio nel nostro Paese parlano chiaro in merito alla presenza di antibiotici: “Dalle analisi dei piani di campionamento annuali delle carni emerge che i campioni di carne irregolari sono inferiori allo 0,04%. Nelle oltre 30.000 analisi condotte in Italia nel 2021 dalle autorità competenti per la valutazione dei residui di trattamenti farmacologici su animali produttori di derrate alimentari, solo 12 sono risultate positive», in quanto «gli animali possono essere macellati soltanto dopo che i farmaci sono stati completamente smaltiti, cioè quando i residui sono a concentrazioni del tutto innocue per la salute umana”.